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Intervista a Sylvester Stallone

A trent’anni esatti dal primo film della serie, Rocky Balboa torna protagonista al cinema, ancora diretto e interpretato da Sylvester Stallone. Ecco come il sessantenne newyorkese ha presentato il suo ultimo impegno.

Cos’è cambiato nel personaggio di Rocky in questi anni?

E’ ritornato dove si trovava all’inizio, tutto solo, a parte il fatto di aver perso la sua ingenuità. E’ molto concreto e ha una certa tranquillità interiore. Porta un peso enorme sulle spalle, ma da esso scaturisce anche una sorta di illuminazione profonda. Sa più cose di prima e cerca di comunicare maggiormente. Non ha più molta voglia di litigare, come avveniva un tempo. Ha avuto tutta la gloria che voleva, ma sua moglie è morta e il figlio se ne è andato. Tutto quello che riteneva facesse parte del suo sogno più importante non c’è più e ora lui si ritrova solo. A un certo punto gli si accende una lampadina in testa. Lui pensa di poter fare quello che ama. Ed è meglio fare quello che si ama veramente, piuttosto che sentirsi male per non averlo fatto. Ma questo sforzo provoca una grande rabbia nei suoi confronti, con umiliazioni, pregiudizi e stereotipi sulla sua età. Anche suo figlio ritiene che stia dando una cattiva immagine della famiglia.

Come si è sviluppato il rapporto con il figlio?

E’ un rapporto emotivo decisamente scarso quello che ha con il figlio, anche se lui rappresenta l’ultimo legame che ha con la moglie. Il figlio ha lo stesso problema di molti ragazzi che vivono all’ombra di un padre di successo. Non può competere con lui, ma in realtà non dovrebbe neanche provarci. Così, ha scelto di vivere, vestirsi, muoversi e agire esattamente all’opposto di suo padre. Rocky vuole che suo figlio sappia che la vita non è tutta rose e fiori. E’ un luogo duro e sporco, che ti sbatterà a terra, a meno che tu non sia in grado di stare saldamente in piedi. Non si tratta di quanto duro puoi colpire, ma di quanti pugni riesci ad incassare. E questo è Rocky.

Quali sono state le scelte registiche alla base del film?

Nessun carrello, molta macchina a mano, niente gru e in generale nessuna inquadratura troppo complicata. Ho cercato di mantenerlo molto fedele alle personalità dei personaggi. Alcune scene sono frenetiche e confuse. Invece, quando ho girato le sequenze con Dixon, tutto era molto luminoso e sterile, non c’era nessun significato drammatico nella luce. Volevo mostrare che la sua vita non ha colore, ombre o atmosfera, almeno fino al combattimento.

Come avete realizzato le scene dell’incontro?

E’ una sequenza di venticinque minuti a sé stante. Abbiamo sistemato le cineprese in quattro punti differenti e le abbiamo lasciate in funzione. Così, lo spettatore ha la sensazione di trovarsi veramente lì. La cosa più difficile è stato far entrare Antonio nello spirito giusto e convincerlo a colpirmi, perché lui si sentiva a disagio a farlo. Ma ha funzionato. Noi giravamo proprio in mezzo ad un evento trasmesso in diretta, durante le vere operazioni di peso e le conferenze stampa. Riprendevamo alcuni spezzoni delle trasmissioni della Hbo e successivamente ci affrettavamo con il nostro cast e la troupe per sfruttare i set. A dir poco, è stata un grande sfida. Volevo che i dialoghi esprimessero delle sensazioni, ma che il combattimento apparisse proprio come si aspettano gli appassionati di sport, ossia brillante, coraggioso e spumeggiante. Si è trattato di un’esperienza straordinaria, perché il pubblico non urlava il nome di Sylvester Stallone, ma intonava una successione di ‘Rocky! Rocky! Sei grande!’ Non facevano distinzione tra le due figure.

Come mai avete scelto un vero pugile come Antonio Tarver per interpretare il campione?

Considerando che avevamo deciso di rimetterci in gioco per l’ultima volta, perché non concludere con un vero pugile, qualcuno che non avesse mai vissuto la magia della finzione cinematografica? Antonio è in grado di combattere realmente e ha portato con sé una grande esperienza, pronto a lanciare una scatenata serie di pugni

Cosa si aspetta dal pubblico di fan di Rocky?

E’ gratificante vedere come Rocky abbia conquistato così tante persone nel corso degli anni. Sono convinto che gli spettatori che ci hanno sostenuto e ci sono stati fedeli saranno felici di vedere questo capitolo finale della vita di Rocky Balboa, perché, a mio avviso, abbiamo ideato una conclusione assolutamente degna del personaggio.

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Qual è la parte del film che più l’ha emozionata?

L’ultima corsa sulle scale si è svolta in una tempesta bianca e abbiamo girato dall’inizio alla fine in questo scroscio. E’ stato un momento molto emozionante per me. Pensavo che quando avrei terminato il montaggio tutto sarebbe finito. E’ come un viaggio durato trent’anni, tutto quello che ho fatto nella mia vita, tutto quello che ho ottenuto e che è importante per me, è arrivato alla sua conclusione. E guardavo la città, il sole che tramontava e ho pensato ‘almeno ce l’hai fatta. Sei arrivato qui. Hai terminato nella neve e sulle scale di Philadelphia. E’ perfetto, ti ringrazio Signore’. E poi è finita.

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