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Niente di nuovo sotto l’albero di Natale

Niente di nuovo sotto l’albero di Natale

Il Natale si sta sempre di più dimostrando ghiotta occasione per far soldi. Qualsiasi industria non si esime dal non difficile compito di sfruttare la festa più globale per aumentare i suoi redditi. E ovviamente quella cinematografica non è da meno. E così spettatori di ogni età nel periodo natalizio vedono prolificare il numero delle pellicole. Il semisconosciuto regista Michael Lembeck, che poco altro ha fatto se non dirigere diversi episodi della fortunata serie televisiva Friends, è arrivato a girare il terzo film (ha diretto anche il secondo, ma non il primo) di una medesima saga natalizia familiare, sfruttando per tutte lo stesso volto rassicurante e un po’ tontolone di uno dei re della commedia media hollywoodiana, Tim Allen.

Dodici anni fa esordiva trionfalmente nel mondo della celluloide Santa Clause (The Santa Clause, John Pasquin, 1994), che, come primo della serie, è risultato poi ovviamente il migliore; Otto anni dopo è arrivato Che fine ha fatto Santa Clause (The Santa Clause 2: The Mrs. Clause, Michael Lembeck, 2002), e ora, nel 2006, Santa Clause è nei guai. Niente di rilevante in un film realmente poco saporito: una regia impersonale e povera di slanci creativi degni di nota, una sceneggiatura che si vorrebbe poetica e anticonvenzionale ma che invece fa acqua da ogni punto di vista. Una sorta di one man show, quello di Tim Allen, del quale realmente se ne poteva fare a meno, anzi: l’attore ci poteva lasciare nel ricordo di Quell’uragano di papà, serie televisiva, interpretata e prodotta da lui stesso, che andò in onda dal 1991 al 1999, e che come prodotto per famiglie non sfigurava. Ma dal cinema ci si aspetta altro: l’arte e non la serialità.

La questione che però risulta più difficilmente digeribile è il tentativo di bacchettare e criticare il consumismo natalizio: sfruttando, a colpi di buoni sentimenti e luoghi comuni, l’atmosfera del Natale, se ne fa una critica. Si denuncia ciò che si mette in pratica. Quasi da voltastomaco. Molto meglio, ma molto, sebbene anche quello non fosse un film completamente riuscito, Babbo bastardo (Bad Santa, Terry Zwigoff, 2003), in cui invece di nascondersi dietro il paravento del “vogliamoci tutti bene”, si faceva del cinismo il protagonista principale.

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