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Il futuro che si fa presente

Il futuro che si fa presente

La fantascienza è, per antonomasia, un genere che racconta avvenimenti ambientati nel futuro. Spesso, però, sono proprio i film di fantascienza a essere in grado di analizzare più lucidamente il presente. È stato così, ad esempio, in Brazil (id., Terry Gilliam, 1985), Strange Days (id., Kathryn Bigelow, 1995) o Gattaca (id., Andrew Niccol, 1997). Lo è in maniera ancora più evidente in questo I figli degli uomini, nuovo lavoro del quarantacinquenne Alfonso Cuarón, regista messicano ormai in pianta stabile a Hollywood, dopo il successo di Harry Potter e il prigioniero di Azkaban (Harry Potter and the Prisoner of Azkaban, 2004).

Rappresentando un mondo temporalmente diverso dal nostro (il film è ambientato nel 2027), ma fisicamente così simile a quello di oggi (macchine volanti o altri stereotipi fantascientifici sono del tutto assenti), Cuarón mostra chiaramente l’intento di voler ragionare sulle problematiche attuali, evidenziandone la degenerazione a cui potrebbero portare. E così il crollo delle nascite diventa l’impossibilità stessa di procreare e i problemi di immigrazione si trasformano nel genocidio delle popolazioni “altre”. Se in alcuni casi questa volontà metaforica appare un pò forzata, come nel finale quasi evangelico, nel complesso il meccanismo funziona egregiamente, finendo per instaurare un profondo senso di angoscia, aiutato anche dalle straordinarie capacità registiche di Cuarón. Con un budget iniziale superiore ai cento milioni di dollari, il regista messicano ha potuto scatenare la sua fantasia visiva, a partire dalle grandiose ricostruzioni di un’Inghilterra in guerra, fino a una serie di evoluzioni con la macchina da presa. Il film si basa infatti su un grande uso della camera a mano, che conferisce maggiore realismo alle vicende non scostandosi mai dai protagonisti, ma dona ai nostri occhi anche due sorprendenti piano sequenza, entrambi superiori ai dieci minuti di durata e realizzati grazie a innovative tecnologie sperimentate per la prima volta in questa occasione. Evidenti, in queste scene, le “citazioni” da avvenimenti reali, come i carceri di Guantanamo o le guerriglie in Iraq, Bosnia e Palestina.

Funziona sotto tutti i punti di vista I figli degli uomini perchè, oltre alle scelte politiche e di messa in scena, si rivela anche un grande film d’azione con un cast convincente, da un Clive Owen perfetto nel ruolo di eroe per caso, a un divertente Michael Caine capellone sessantottino. Sorprendente la parte di Julianne Moore, coinvolta in uno dei tanti colpi di scena del film. Da non dimenticare infine l’ironia che contraddistingue molte scene, in particolare i dialoghi tra Owen e Caine: «La sai quella del simposio di scienziati riuniti per spiegare il perché della sterilità? Mentre tutti parlano, uno di loro continua a mangiare con gusto un pezzo di carne, spolpandoselo fino all’osso. E quando gli altri finalmente gli chiedono quale sia il suo parere sul problema, lui risponde: Ah, non ne ho la più pallida idea, ma questa cicogna è deliziosa». Irresistibile.

Curiosità
Tra le canzoni ascoltate dal nostalgico personaggio di Michael Caine, Ruby Tuesday dei Rolling Stones, nella versione di Franco Battiato contenuta nell’album Fleurs.

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