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Politicamente (s)corretto

Politicamente (s)corretto

Le origini
I Boondocks sono apparsi per la prima volta sul Los Angeles Times nel 1999. In Italia vengono regolarmente pubblicati ormai da parecchio tempo sulle pagine della rivista Linus, ma nel 2003 la casa editrice Arcana ha deciso di riunire in un’unica edizione alcune delle strisce più riuscite di questo fumetto americano di satira socio / politica. La ragione è da cercare nell’elevata qualità sia della sceneggiatura che dei disegni, grazie alla quale questa produzione appare ormai sulla maggior parte dei quotidiani americani, dal Washington Post al Chicago Tribune.

Una permanenza che stupisce
Ciò che stupisce di più, come si evince anche dall’introduzione di Michael Moore, presente nel volume recensito, e dalla prefazione dell’autore stesso, è la durata di queste strisce sulle pagine dei quotidiani nazionali. In un’America sempre pronta a scandalizzarsi e a ricorre all’arma della censura preventiva, fa davvero scalpore il successo non tanto di pubblico, quanto di critica riscosso dall’opera satirica di Aaron McGruder. Un lavoro che, focalizzandosi senza fossilizzarsi sulla critica all’amministrazione Bush, vissuta attraverso gli occhi di un giovane afroamericano, riesce a rimanere in vita nonostante il veleno sputato fuori dai denti.

Tematiche scottanti
Come accennato poco fa, i contenuti della satira eseguita nelle strisce dell’autore risultano molto delicati, muovendosi sul campo della tormentata politica americana degli ultimi anni, su quello sempre spinoso della segregazione razziale e su quello meta-referenziale dell’uso / abuso dei mezzi di comunicazione di massa. Ciò che rende i Boondocks un prodotto interessante, al di là della pregnanza dei suoi messaggi, risiede nella capacità comunicativa dell’autore. Questi, infatti, trasmette nel suo prodotto un’intensa carica comica e auto-ironica, capace di far sorridere anche su questioni delicate, spingendo a riflettere senza far avvertire il peso delle riflessioni.

Stile poco spontaneo, ma a ragion veduta
Se confrontato a quello di altre strisce famose (come ad esempio i Peanuts) lo stile appare certamente meno spontaneo, più ricercato e particolareggiato: questo tende a sminuire leggermente l’effetto fulmicotone tipico di queste produzioni, ma contribuisce a creare un quadro più profondo di molti aspetti della cultura afro delle classi più povere del territorio americano. Non è un caso che le vignette più scarne dal punto di vista visivo siano quelle a sfondo politico, mentre quelle più dettagliate siano riconducibili alla polemica contro i problemi classisti e razziali portata avanti dall’autore.

Conclusioni
Qualità a livello iconico, sottigliezza e impegno a livello di sceneggiatura. Il tutto accompagnato da una vena comica capace da sola di spingerci alla lettura delle sue strisce. Avete bisogno di altri motivi per decidervi a leggerlo?

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