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Miami vice – Il mito che non tramonta

Vent’anni fa, Come eravamo.
Ricordo quando, nel 2003, ho rivisto Miami Vice.
Giorno dopo giorno, sigaretta in bocca, caffé alla mano, incollata davanti al televisore bevevo ogni puntata.
Li avevo ritrovati, finalmente: Sonny (Don Johnson), Rico (Philip M. Thomas), Castillo (Edward James Olmos), Gina (Saundra Santiago), Trudy (Olivia Brown). Così belli, alla moda, carismatici, così malinconici ed eternamente corruttibili.
Ho pianto delle loro passioni e delle loro contraddizioni e ho capito anch’io perché Miami Vice è un mito.

Micheal Mann ci credette al punto da investirci più di un milione di dollari a puntata. Il pubblico, che inizialmente lo snobbò preferendogli Dallas, in pochi mesi finì per dargli ragione. Era nato un cult, il fenomeno più cool degli anni ottanta, la serie che condizionò il gusto e la vita di milioni di americani, il telefilm che prima non c’era.
Con Miami Vice le tecniche cinematografiche – fotografia, luci e montaggio – irrompono nel piccolo schermo. Le musiche, fino ad allora soltanto riciclate, diventano protagoniste originali, parte fondamentale della narrazione.
La colonna sonora si fa album, in vetta alle classifiche per mesi.
Musicisti e cantanti sgomitano per poter firmare le note di una puntata.
I personaggi, portatori di una vis drammatica che si dipana nel tempo, crescono di umanità. Un passato da raccontare, esorcizzare, affrontare, il loro.
L’idea di detective eroico, archetipo rappresentante di giustizia, lascia il posto a uomini e donne veri, degli infiltrati in perenne clandestinità, mascherati da criminali.
Il nemico è diventato il sistema, una struttura criminale complessa e organizzata, il narcotraffico, scardinabile solo dall’ interno.
La città diviene personaggio: una Miami al neon, tinta di colori pastello, teatro di abiti stravaganti, ville a specchio e divani rosa shocking. Limousine bianche, pantere in catene nei giardini in riva al mare, coccodrilli che vivono su barche, piccole prostitute assassine, eroinomani disperati.
Per queste strade, a bordo di Ferrari sgargianti, si muovono Sonny e Rico, elegantissimi, come i nemici, nei loro completi Armani.
E noi, come loro, “siamo” o rischiamo semplicemente di essere il ruolo che interpretiamo?
Miami Vice ha imposto un “gusto” a un’ intera generazione. Tutti amavano Miami, tutti volevano vestirsi Armani, tutti volevano essere Sonny Crockett e Ricardo Tubbs.
O meglio… tutti si identificavano con loro, ogni giorno, di fronte alla TV desideravano, erano, sognavano di desiderare…

Come siamo, vent’anni dopo.
I colori sono cambiati, le mode altrettanto. Gli anni ottanta sembrano lontani.
Adesso il vizio si è specializzato, i telefilm anche, ogni città ha il suo.
Il territorio determina le caratteristiche del delitto, della delinquenza, dell’indagine, la vita privata e il lavoro quotidiano dei protagonisti.
C.S.I (Las Vegas), C.S.I (New York), C.S.I (Miami), Boomtown (Los Angeles), e prima ancora N.Y.P.D, Homicide (Baltimora) e numerosi altri sono testimoni ed emuli, pur nelle loro specificità, dell’innovazione introdotta vent’anni fa da Miami Vice: la “Città -personaggio”.

Ieri Sonny e Rico rischiavano di smarrirsi nelle crepe di un sistema organizzato.
Oggi l’uomo si perde, come in Lost, vittima di un sistema altamente informatizzato ed enigmatico dove paure e desideri si fondono a leggi ormai incomprensibili alla luce della mera ragione umana. Solo il recupero dei ricordi sembra salvarci, a volte, nella nostra individualità.
La dolce contraddizione degli anni Ottanta, sintomo di una globalizzazione nascente, [img4]si trasforma nell’indeterminatezza dell’io tipica del nuovo millennio.

Siamo buoni? Siamo cattivi? Esiste ancora il dubbio?
Rispondere è impossibile.

Ieri, ho rivisto Miami Vice, il film questa volta, targato 2006. Ho rivisto Miami, non più quella città color pastello che mi aveva fatto sognare, ma un Mondo Nuovo, evoluto nel crimine e nell’anima.
Don Johnson è stato sostituito da Colin Farrel, Sonny Crockett è cresciuto, adattandosi ai nostri tempi, rimanendo pur sempre se stesso.
Il modello è sempre valido, il tempo lo accompagna.

E Miami Vice rimane un mito.

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