Bizzarro bizzarro West
L’arrivo nel passato
Hirohiko Araki ha colpito ancora! E quando lo fa state sicuri che lo si sente. Sembrava che dopo sei serie la lunghissima saga di Le Bizzarre avventure di JoJo si fosse conclusa, peraltro in modo parecchio sconvolgente; ma complice proprio il finale stesso, la saga arakiana sembra avere il suo ideale seguito in questo Steel Ball Run, che, come va molto di moda ultimamente, non è un sequel ma un prequel (anche se è difficile fidersi di quel genio di Araki…), una sorta di incipit alternativo al canonico inizio della più bizzarra serie di avventure di sempre.
Una “bizzarra” corsa a cavallo
La storia si regge tutta intorno alla corsa, alla quale partecipano con motivazioni differenti i vari protagonisti. Se il tema abusato della corsa impossibile sembra fuorviare, non bisogna lasciarsi ingannare: di stranezze lungo la strada ce ne saranno così tante da rendere il vecchio West irriconoscibile. I principali attori di questo spettacolo sono Johnny Joestar (ma guarda un po’, un’altro JoJo), un ex fantino campione ora disabile, e J. Lo Zeppeli (sì esatto, Zeppeli, nome nient’affatto sconosciuto ai fans di Araki) eccentrico personaggio che usa come armi due strane sfere d’acciaio, tanto sicuro di sé da portare in rilievo sui denti uno slogan di incitamento… a sè stesso!
Giocare col tempo e lo spazio
Per gli appassionati della serie, il fumetto è colmo di autocitazioni che si riferiscono alle vecchie saghe. Vi dice niente il nome Abdul, o quello di Stroheim? Un vero geniaccio Araki, il finale della sesta serie gli permette di giustificare tutto, così tra omonimi, sosia o presunte incarnazioni parallele, leggere Steel Ball Run è come tornare a ritroso lungo le serie.
La particolarità dell’opera, infatti, risiede proprio nel divertissement che l’autore compie giocando con il tempo e lo spazio del suo universo diegetico. Tutto il nuovo racconto strizza continuamente l’occhio alle serie già pubblicate, pur garantendo la totale leggibilità dell’opera indipendentemente dalla conoscenza dei volumi precedenti. Il tutto viene infatti gestito in maniera quasi dadaista, per la capacità di costruire e decostruire continuamente il senso della narrazione, alternando due piani del racconto intrecciati eppure mai pienamente combacianti. Luoghi, nomi, protagonisti e poteri vengono de-contestualizzati rispetto alle conoscenze dei lettori più appassionati e re-inseriti all’interno di un mondo finzionale nuovo, eppure analogo al precedente. Inutile dire come il risultato finisca per essere, grazie alla maestria narrativa del suo creatore, assolutamente disorientante, nel pieno rispetto del titolo dell’opera prima: Le Bizzarre Avventure di JoJo.
“Bizzarro” anche lo stile
Dal punto di vista grafico non c’è molto da dire rispetto al passato, Araki ha ormai trovato da tempo un suo particolarissimo stile, e se nella prima serie i richiami a Tetsuo Hara (autore di Ken il Guerriero) erano più che evidenti, già da quella successiva iniziava a delinearsi il suo modo di essere. Araki fa un fitto uso di retini, tratteggi e particolareggia ogni cosa, così che vi sono raramente toni dominanti di bianco o di nero nelle vignette. In certe immagini d’altronde si nota che i cavalli non sono proprio correttissimi, e anche i cavallerizzi si esibiscono in figure fin troppo particolari, ma si sa che Araki è sempre stato re dell’eccesso nelle posizioni dei suoi personaggi, sempre in bilico, al limite dell’impossibile.
Gli stand, sempre al nostro fianco
Se qualcuno si domanda se gli Stand (entità spirituali scaturite dall’anima delle persone) siano ancora presenti nella serie non si deve preoccupare: tra i vari assurdi poteri sembra che alcuni concorrenti abbiano strane capacità tutt’altro che umane. Col dipanarsi del racconto emergono addirittura particolari sacri, legati a una misteriosa reliquia di un santo e a un complotto ben più grande della gara stessa per impossessarsene, incentrati sulla zona misteriosa denominata “Palmo Della Mano Del Demonio”. Misteriosa zona del deserto che sembra spostarsi da sola… C’è né di che rimanere soddisfatti per un bel po’!
A cura di Carlo Beccarelli
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