Mare “da morire”
Un delitto, un’indagine, un viaggio nel mondo del vizio maschile.
Ossessione, gelosia, una realtà vinta dalla fantasia.
Un ispettore, i suoi desideri, le sue paure. Il viaggio nel giardino del bene e del male ha un inizio ma probabilmente non una fine.
La vittima innocente si scopre essere corrotta e viziosa. Questa inquietante verità turba Luca al punto da insinuarsi nelle crepe sua vita privata, dubbi e ossessioni invadono la sua mente già vacillante: forse anche la fidanzata conduce una doppia vita, forse nessuno è immune dal peccato e dalla menzogna.
Il dionisiaco, imprevedibile mietitore di virtù, si impossessa dell’uomo all’improvviso, la razionalità cede e si sgretola, la morale barcolla, l’individuo smette di essere tale e regredisce a livelli primordiali.
L’essere umano diviene viaggiatore in un mondo popolato di ombre e fantasmi (l’inconscio come sempre ci mette lo zampino) non un Ulisse fiero e raziocinante, non un Enea in cerca di patria ma semplicemente un pellegrino che per non accettare l’incubo acceca se stesso e il proprio intelletto.
Stimolante indubbiamente a livello contenutistico, deludente nella sostanza. Di Eyes Wide Shut (id., Stanley Kubrick, 1999) et simila ne abbiamo visti troppi, veramente troppi.
Leggere e interpretare con occhi di donna le pulsioni e le perversioni dell’universo maschile pretendendo di risultare obbiettivi è veramente eccessivo. Se si vuole fare del cinema psicanalitico (Bergman docet) bisogna anche saperlo fare, non bastano cultura (che indubbiamente non manca alla Torre) e buona volontà. Obbiettività, inclinazioni naturali e un’approfondita conoscenza teorica ed empirica della materia stanno alla base della riuscita di un prodotto di questo tipo.
La Torre fa acqua in tutto: legge il mondo maschile con pregiudizio di donna e in questo pregiudizio resta. Risultato: un film scarso nella sostanza e nell’anima che non spiega nulla, confonde tutto e annoia mortalmente malgrado la sua scarsa durata. Il ritmo (inesistente) tenta di inseguire una storia inutile, un’indagine irrilevante, un senso inesistente. Un’ora e mezza di Sodoma e Gomorra in versione soft, che si diverte a raccontare, con tono barocco ma scialbo, il mondo della notte italiana: scambisti, perversi di ogni genere, postriboli retro.
Dialoghi insignificanti come il film tentano di colpire lo spettatore per la loro sfacciataggine, non aiutando a comprendere il protagonista né tantomeno a identificarsi col suo “presunto” tormento.
Due bravi attori, Luigi Lo Cascio e Anna Mouglalis (la bella antagonista di Isabelle Huppert in Grazie per la cioccolata – Merci pour le chocolat, Claude Chabrol, 2000), vengono sacrificati dai capricci della regista. Nemmeno la metafora del satiro danzante, statua antica e affascinante che emerge dal mare come dionisiaco straripante dal nostro inconscio, riesce a colpire, inserita com’è per presunzione intellettuale in un prodotto che non merita tali raffinatezze.
Curiosità
La Torre dal 1991 ha realizzato cortometraggi in video e pellicola, vincitori di numerosi premi. I suoi lavori, pur partendo da forme simili al documentario di stampo antropologico, si avvalgono sovente di messe in scena vicine al teatro con particolare riguardo e attitudine per l’aspetto musicale.
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