A tutto hi-tech
Harrison Ford torna al cinema a qualche anno dalla sua ultima performance, al fianco di Josh Hartnett in Hollywood homicide (Id., Ron Shelton, 2003), e lo fa in attesa di reinterpretare l’archeologo più famoso del grande schermo per quel che ormai sta per diventare l’evento cinematografico della prossima stagione, il quarto film su Indiana Jones.
Nel reparto informatico di un grande filiale bancaria in cui la tecnologia regna sovrana, Ford impersona il ruolo di Jack Stensfield: un dirigente tanto devoto al lavoro quanto alla propria privacy. Il regista Richard Locraine ci trascina subito in quegli incubi che per la famiglia Stanfield diverranno realtà. Rapiti e segregati in casa finché Jack non sarà in grado di violare quel sistema informatico da lui stesso progettato.
Le ragioni per cui i criminali comandati da Bill Cox (Il Paul Bettany del Codice Da Vinci – Da Vinci Code, Ron Howard, 2006), conoscessero così bene la vita di Stensfield costituiscono una delle non poche falle nel continuum narrativo.
Per Harrison Ford si tratta della solita prova carismatica. Il regista gli lascia carta bianca, si fida della sua esperienza recitativa, gli cuce addosso un personaggio che pare perfetto per poterne esaltare in poche battute la vena recitativa, che almeno nella prima parte è notevole.
Nella seconda metà della pellicola invece la trama perde d’efficacia finendo in una serie di luoghi comuni e il personaggio di Ford finisce per ricordare quello di Johnny Depp protagonista del film Minuti contati (Nick of time, John Badham, 1995) oppure quello di Michael Douglas nel film Don’t Say a Word (id., Gary Fleder, 2001).
Accettiamo in fondo la decisione di Ford di impegnarsi in questo puro e semplice esercizio di stile. Lo attendiamo a una nuova impresa nei panni di “Indy” nella speranza che per il futuro decida di centellinare le sue presenze cinematografiche per film degni della sua fama.
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