Amore, morte e un po’ di noia
Non è la prima volta che Hollywood dedica la propria attenzione a storie provenienti dalle Chansons des gestes medievali, con fortune alterne; così come Excalibur (id., John Boorman, 1981) si rivelò da subito un promettente cult movie, tiepide reazioni suscitò invece l’uscita de Il Primo Cavaliere (First Knight, Jerry Zucker, 1995) con uno spento Sean Connery e un bollitissimo Richard Gere nei panni di Lancillotto. Sono assai rari, invece, i film dedicati a una delle storie più affascinanti e struggenti della letteratura mondiale, di cui lo stesso Shakespeare, con gli immortali Romeo e Giulietta, è chiaramente debitore: Tristano e Isotta, amanti appassionati destinati a una vita tragica e fatalmente segnata.
Questo tentativo di Kevin Reynolds rielabora le vicende dei due protagonisti in una chiave storicistica, abbandonando ogni legame con le origini arturiane e scegliendo decisamente una strada più avventurosa. Sono chiare le influenze di film come Braveheart (id., Mel Gibson, 1995) per le scene iniziali e di Robin Hood, dello stesso Reynolds, per le scene girate in interno.
Ma se le ambientazioni sono suggestive e alcune ricostruzioni storiche piuttosto innovative, non si può dire lo stesso dei due protagonisti: James Franco (Tristano) e Sophia Myles (Isotta) non riescono a trasmettere la tragicità delle loro passioni e offrono una recitazione troppo compassata per un ruolo così estremo, complici anche dei dialoghi che smorzano il ritmo e slegano le parole dal contesto. Il risultato è che, in un’atmosfera di generale de-drammatizzazione in favore dell’azione, l’unico residuo romanzesco (nel senso di romance) sono proprio i dialoghi, con un effetto di stonatura e di lentezza piuttosto evidente. Sembra risentirne (negativamente) anche James Franco, che mantiene un’espressione un po’ bovina per tutto il film, incapace di offrirci lampi di turbamento come richiederebbe il suo ruolo.
In generale, comunque, è apprezzabile il tentativo di rendere più umani due eroi così affascinanti e troppo spesso dimenticati, anche se, forse proprio per la scarsa notorietà di cui gode la vicenda di Tristano e Isotta, sarebbe stato meglio attenersi alla versione originale, che avrebbe aiutato anche gli attori a proporre performance più adeguate.
A cura di Enrico Bocedi
in sala ::