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cultura dell'immagine e della parola

Mors tua, vita mea

Mors tua, vita mea

Non è solo la gioventù di Terkel a essere bruciata, qui neanche gli adulti sembrano particolarmente affidabili. Il confitto generazionale non può trovare mediazione né, tantomeno, soluzione. Ogni tentativo di richiesta o di dialogo sarà freddata con un semplice, ossessivo, inequivocabile «No».
Non si può nutrire pietà nei confronti di nessuno e nessun rapporto è governato da buoni sentimenti; l’amore sboccia coprendosi a vicenda di insulti. Si salva, forse, l’amicizia di Terkel e Jason, ma la morale è comunque bandita, non c’è tempo da perdere in queste cazzate, e alla fine è pur sempre un’amicizia che si è consolidata uccidendo quel pazzo psicopatico di Gunder.
Gunder, già. L’ultima speranza fallita sulla possibilità di incontrare un adulto responsabile.

Ecologista, animalista, terzomondista, steineriano, pedagogo moderno e insegnante – amico? Ma no, niente di tutto questo: un megalomane che sotto l’esibizione dei massimi ideali, in realtà, non si è ancora evoluto dalla legge primordiale “occhio per occhio, dente per dente”. Nella feroce critica sociale lanciata da Fjeldmark & Co. non si risparmia la falsità di un certo atteggiamento idealista che, oltre i buoni propositi, rivela un profondo dominio dell’intolleranza.
Non casualmente il piccolo Terkel sentirà rifiutarsi tutte le richieste d’aiuto nel momento della necessità suprema, quando la sua vita è a repentaglio. Le porte verso la generazione degli adulti sono sbarrate, rimangono l’aiuto dei propri compagni di classe, ma il panorama non è certo rassicurante: dei ragazzi chiassosi e bulletti che non perdono l’occasione per sfottere il malcapitato di turno. Jason, legato a Terkel da una pur sincera amicizia, non è certo migliore degli altri: non esce di casa senza una spranga perché «tu non lo sai a che cosa può servire, però lei lo sa» e rinnega la sorella, cicciona dal volto brufoloso eternamente sfottuta.

I buoni sentimenti non possono trovare appiglio da nessuna parte e la sgradevolezza dei dialoghi e dei contenuti non trovano sollievo sul piano visivo. Non solo siamo lontani dalla rappresentazione realistica dei corpi – braccia e gambe esili come fuscelli, a segnare la fragilità dei personaggi. Gli animatori spiattellano un 3D senza vezzi, senza studi meticolosi sulla texture o il rendering o pretese di iperrealismo. Il mondo di Terkel è pervaso da una patina di falso, non definito, grezzo che alimenta il colpo sferrato ai buoni principi dei benpensanti. Prima di credere che questo sia il migliore dei mondi possibili, che la natura sia benigna e che i prati in fiore siano poetici, osservate attentamente: nell’erba noterete due coniglietti che prosaicamente si inculano.

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