Salvateci da Catherine Tramell
Sharon Stone, la diva. Mentre le sue sottili anche si muovono sinuose avvolte da un lucido vestito nero, molto attillato e molto scollato, la Tramell risorge dalle tenebre. La storia è la stessa, trasportata in una Londra ultra-moderna, abbandonato il mitico rompighiaccio per più complicate droghe sintetiche, cambiato l’antagonista da poliziotto a psicologo. E quale miglior nemico-amico poteva trovare la psicopatica romanziera se non un affascinante Freud che nasconde un’anima nera quanto la sua?
Più che un film un beverone indigesto di sguardi ammiccanti della Stone, che non la smette di guardare in macchina per ammaliare con la sua giovinezza ritrovata il malcapitato spettatore: come se Ben Stiller in Zoolander (id., 2001) avesse preso sul serio la sua “Magnum”… La seduzione che esercitava la Tramell nel primo film qui diventa una serie schematizzata di rituali “erotici” hollywoodiani: l’abito scollato di lusso, le citazionistiche gambe che invece di accavallarsi si aprono (ma lo schienale della sedia cela il punto caldo), una scena di sesso tiepidina con un’accettabile esibizione di pelle (ma è quella di lui, non di lei…), una scena d’azione su una macchina sportiva lucida e sexy, finale “a sorpresa” che mescola le carte tra verità dei fatti e costruzione romanzesca.
Il corpo di Sharon Stone diventa esso stesso il luogo del film, magro, lucido e perfetto, privo di storia e di tempo. Tanto che Basic instinct 2 più che un sequel sembra una farsa grottesca che, puntando tutto sull’evocazione dell’icona Catherine, ne distrugge qualsiasi forza e fascino. E trasforma il secondo film in una divertente e costosa parodia del primo. Ma le risate non erano state previste nella costruzione del thriller, i sorrisi sono per lo più di imbarazzo: se nel primo Sharon aveva accavallato le gambe e lasciato intravedere, ora le spalanca ma rimane tutto nascosto:il gioco proprio non vale la candela.
Curiosità
“Sharon e io abbiano parlato del personaggio e abbiamo deciso di rappresentarlo in modo molto di classe, artistico. Sharon aveva un sacco di idee basate sul suo favoloso stile personale. Abbiamo iniziato a ricomporle a partire dagli spunti che emergevano dalle foto di Helmut Newton, dai quadri di Schiele e dal cinema noir classico.” La costumista Beatrix Aruna Pasztor dal pressbook del film.
A cura di Francesca Bertazzoni
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