Al Bar Condicio a ber Lusconi
È una maledetta sbronza elettorale, non c’è dubbio.
Siamo come quei tifosi in trasferta che affollano i tavolini all’aperto dei bar davanti al Duomo nei pomeriggi che precedono le partite di Champions League a S. Siro. Circondati da boccali di birra vuoti, le nostre sciarpette colorate al collo, intoniamo con voce rotta un inno del quale non ricordiamo bene le parole. Forse siamo diventati anche noi dei turisti della democrazia.
Eppure amiamo la politica. Non ci consideriamo qualunquisti.
Ci informiamo, studiamo, ponderiamo le scelte.
Abbiamo visto tutti i confronti televisivi: Berlusconi contro Prodi, Bertinotti contro Berlusconi, Fini contro Bertinotti, Capezzone e la Armeni contro Giovanardi e Giuliano Ferrara (match valido per il titolo di coppia), Di Pietro contro Tremonti, D’Alema contro Casini, Boselli contro Rey Mysterio (pesi leggeri, incontro molto tecnico)…
Abbiamo delle certezze, che sempre più spesso danno segni di sgretolamento.
Ma che diavolo sta succedendo?
Bevo caffè amaro, metto da parte il mal di testa, provo a riflettere.
In università, al corso di comunicazione politica, mi hanno spiegato che una campagna elettorale inizia sempre con messaggi di tipo emotivo, prosegue con una fase estremamente razionale e ha un finale nuovamente emotivo. Questa è la regola, il meccanismo.
Faccio mente locale – plink – la lampadina si accende.
Ottimo, credo di aver intuito dove sta il problema: qualcosa è andato storto nella fase razionale e questo ha scatenato il putiferio nel quale ci troviamo immersi.
Se tutto fosse andato secondo i piani, dopo le lacrime di Fassino dalla De Filippi e l’ostensione dell’album di famiglia di Berlusconi da Bonolis, avremmo dovuto assistere a un periodo di par condicio animato da un serio dibattito su dati
A cura di Marco Valsecchi
televisione ::