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cultura dell'immagine e della parola

Al Bar Condicio a ber Lusconi

Berlusconi in una rara immagine giovanileÈ una maledetta sbronza elettorale, non c’è dubbio.
Siamo come quei tifosi in trasferta che affollano i tavolini all’aperto dei bar davanti al Duomo nei pomeriggi che precedono le partite di Champions League a S. Siro. Circondati da boccali di birra vuoti, le nostre sciarpette colorate al collo, intoniamo con voce rotta un inno del quale non ricordiamo bene le parole. Forse siamo diventati anche noi dei turisti della democrazia.
Eppure amiamo la politica. Non ci consideriamo qualunquisti.
Ci informiamo, studiamo, ponderiamo le scelte.
Abbiamo visto tutti i confronti televisivi: Berlusconi contro Prodi, Bertinotti contro Berlusconi, Fini contro Bertinotti, Capezzone e la Armeni contro Giovanardi e Giuliano Ferrara (match valido per il titolo di coppia), Di Pietro contro Tremonti, D’Alema contro Casini, Boselli contro Rey Mysterio (pesi leggeri, incontro molto tecnico)…
Abbiamo delle certezze, che sempre più spesso danno segni di sgretolamento.
Ma che diavolo sta succedendo?

Bevo caffè amaro, metto da parte il mal di testa, provo a riflettere.
In università, al corso di comunicazione politica, mi hanno spiegato che una campagna elettorale inizia sempre con messaggi di tipo emotivo, prosegue con una fase estremamente razionale e ha un finale nuovamente emotivo. Questa è la regola, il meccanismo.
Faccio mente locale – plink – la lampadina si accende.
Ottimo, credo di aver intuito dove sta il problema: qualcosa è andato storto nella fase razionale e questo ha scatenato il putiferio nel quale ci troviamo immersi.
Se tutto fosse andato secondo i piani, dopo le lacrime di Fassino dalla De Filippi e l’ostensione dell’album di famiglia di Berlusconi da Bonolis, avremmo dovuto assistere a un periodo di par condicio animato da un serio dibattito su dati Romano Prodi a <i>Porta a porta</i>” />e cifre che si sarebbe concluso a pochi giorni dal voto con l’appello agli elettori da parte dei leader a “fare la cosa giusta”.<br />
Invece sono settimane che <strong>entrambi gli schieramenti si rinfacciano il monopolio della menzogna</strong>: non c’è indicatore che non sia stato smentito, non c’è dato che sia stato approvato all’unanimità.<br />
Ci hanno privato del conforto della ragione, proiettandoci in un allegro fanta – thriller in cui conta solo l’emozione.<br />
Perché è successo?</p>
<p>La mia risposta, come prevedibile visto il contesto in cui scrivo, è legata al nostro rapporto con la televisione.<br />
È sotto gli occhi di tutti come <strong>questa campagna elettorale sia prevalentemente televisiva</strong>.<br />
I duelli avvengono sul teleschermo, le dichiarazioni sono rilasciate all’interno dei talk-show, gli stessi giornali hanno prestato più attenzione a <em>Porta a porta</em> e <em>Ballarò</em> che non alle sedute parlamentari.<br />
A essere sinceri, anche le nostre vite sono sempre più televisive: la commistione tra informazione e intrattenimento, in mancanza di un’adeguata formazione (scolastica?) che ci permettesse di interpretare il linguaggio televisivo dominante invece di subirlo, ha abbattuto una a una quasi tutte le barriere che separavano il fatto dall’invenzione.</p>
<p>“Il mezzo è il messaggio” diceva (a ragione) McLuhan, ma la Tv già da tempo ha abbandonato la razionalità in cambio di uno statuto ontologico ibrido nel quale la fantasia sovverte ogni legge fisica e ogni logica. Provo a spiegarmi meglio: nel 1997 Giovanni Sartori, nel saggio Homo videns, segnalava i rischi di una televisione le cui immagini sono erroneamente percepite come “vere” ma che nei fatti sono solo una versione distorta dei fatti reali.<br />
Nell’anno di grazia 2006, credo sia possibile portare quell’analisi alle sue estreme conseguenze.<img class= A cura di Marco Valsecchi
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