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I colori della periferia

I colori della periferia

«Ruba auto e vi trova un neonato». Potrebbe essere questo il titolo di uno degli articoli che ogni giorno appaiono sui giornali sudafricani. Una vicenda comune in questo Paese che, dopo aver abolito il regime di apartheid nel 1994, deve iniziare a occuparsi di nuovi problemi.

Il film di Gavin Hood non vuole soffermarsi sulla questione etnica sudafricana. Analizza invece la realtà della periferia di Johannesburg e il triste fenomeno dei bambini costretti a crescere senza genitori. Il protagonista è uno di questi. Cresciuto sulla strada, non ha avuto destino diverso da quello dei suoi compagni: è diventato un delinquente. La macchina da presa segue Tsotsi, che in sudafricano significa gangster, nelle sue scorribande notturne. Una sorta di Arancia meccanica (A Clockwork Orange, Stanley Kubrick 1971) in versione africana. Nessuna pietà, nessun dubbio esistenziale. La periferia è buia, sporca, caotica, infestata da larve umane che trascinano le loro esistenze su carrellini, chiedendo l’elemosina.
Ma anche in questo deserto umano esiste un’oasi: è l’abitazione della giovane donna che aiuterà Tsotsi a prendersi cura del neonato rapito. Nel grigiore del quartiere, la sua casa risplende di luce e di colore. Tsotsi è investito dai riflessi colorati di un acchiappasogni: il colore può illuminare anche la sua vita e cambiarla.
Inizia un percorso di redenzione, costantemente accompagnato dalla musica kwaito. Un mix di rap, funky e folk, molto ritmato che riesce a incollare lo spettatore allo schermo. Tsotsi ci trascina nella sua personale espiazione, in un caleidoscopio di ricordi. La madre malata di Aids, il padre violento, la fuga da casa e l’infanzia trascorsa da solo in un cantiere edile abbandonato. Un’infanzia rubata, simile a quella delle migliaia di bambini che vivono soli in tutto il mondo.

È il punto di forza del film: la capacità di prendere spunto da una vicenda singolare per sviluppare un discorso globale. Una denuncia della condizione di vita dei più giovani nei paesi meno sviluppati. Il futuro dell’umanità dipende dalle nuove generazioni. Si deve lottare per garantire loro l’opportunità di poter crescere e diventare i promotori di uno sviluppo che investa tutti, senza distinzioni di etnia o di classe.

Curiosità
L’attore protagonista Presley Chweneyagae è realmente cresciuto a Johannesburg.

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