Vita di un proiettile
Andrew Niccol torna al cinema raccontando le vicende di Yuri Orlov, cinico e abile mercante d’armi. Il regista (come sempre anche sceneggiatore) di Gattaca – La porta dell’universo (Gattaca, 1997) e di S1m0ne (id., 2002), realizza un film ambizioso e audace, pungente e incisivo. Unico nel suo genere, Lord of war ricostruisce la storia delle armi nell’ultimo scorcio della storia contemporanea: vent’anni di traffici, proiettili, mitra e bazooka, vent’anni in cui il mondo ècambiato, le guerre sono aumentate e con loro il divario fra ricchi e poveri. Un tuffo nel tempo, tra passato e presente storico, per scoprire chi ha scatenato tutto. Per capire chi tira le fila. Per conoscere chi è il vero Signore della guerra.
Niccol, sceneggiatore geniale e bizzarro di The Truman Show (id., Peter Weir, 1998) sconvolge nuovamente universi nascosti. Dopo la rilettura contaminata (o profetica) del futuro e dopo le riflessioni ironiche, critiche e malinconiche, sul cinema e sul mondo dello spettacolo, il talentuoso regista neozelandese stravolge il mondo del traffico d’armi e penetra, come un virus che attacca all’interno del sistema, alcuni questioni politiche internazionali senza risparmiare nessuno. Bush compreso. Uno spazio nascosto che non si conosce pienamente, frutto di nascondigli, tranelli, dinamiche oscure, meccanismi ignobili e meschini. E poiché l’argomento è tanto drammatico quanto scomodo, Niccol è abile a virarne i contenuti, fornendo una rappresentazione del reale attraverso il suo punto di vista. A volte allucinato, a volte onirico. Altre volte è sadico e feroce. Altre ancora graffiante e satirico.
Persiste, come sempre nel suo cinema, un’idea estetica del reale non rappresentabile, ma solo finzionalmente / funzionalmente immaginato. In quanto dissimulato. E’ lui stesso che vuole ricostruirlo, fornendo sempre spiegazioni logiche. Lord of war oscilla fra drammatico e grottesco. A tratti è parodia. A tratti è tragedia. E’ un frullato convincente e divertente, che non manca di aggravare i toni quando si rende necessario. Anche se meno coerente quando si tratta di tirarne le somme.
Lord of war è la vita di un uomo che vende armi come se fossero scarpe. Yuri Orlov èun uomo che alimenta i conflitti mondiali, cercando di arginare i propri conflitti morali. E l’abilità di Niccol viene esaltata ulteriormente da questo aspetto. Il regista non gioca sull’etica del suo personaggio ma piuttosto cerca di caratterizzarlo sulle scelte che compie ogni volta. Orlov è un personaggio nato dalle storie di cinque mercanti d’armi realmente esistiti ed è chiaramente frutto della fantasia, anche se gli eventi raccontati nel film non lo sono. Il protagonista è come un avvoltoio che si scaglia su una verità sconvolgente, quella che riguarda l’Ucraina (paese natio di Orlov) dove, dopo la fine della Guerra Fredda e dopo la caduta del comunismo, tra il 1982 e il 1992 sono state rubate armi per un valore che supera i trentadue miliardi di dollari. E come il film avvalora, nessun colpevole è mai stato arrestato o perseguito. Resta il fatto che la regia di Niccol è visionaria come ha sempre dimostrato. L’immagine rimane il canale che permette al regista di rivoluzionare il concetto di realtà e quello di finzione. Non èsempre allo stesso modo efficace, ma l’esito finale colpisce. Straordinari i titoli di testa che seguono l’allucinante viaggio / vita di un proiettile, sulle note di “For what it’s worth”.
Curiosità
Il 9 ottobre 2003 Amnesty International, Oxfam e International action network on small arms (Iansa, una rete di oltre cinquecento associazioni in cento paesi – tra cui la Rete Italiana per il Disarmo) hanno lanciato la campagna mondiale Control Arms, che ha per obiettivo l’adozione di un Trattato internazionale sul commercio di armi entro il 2006. La proposta del Trattato ha già raccolto l’adesione di numerosi premi Nobel e di circa 20 governi. In Italia la campagna èrilanciata da Amnesty International e dalla Rete Italiana per il Disarmo.
Circa mezzo milione di bambini, donne e uomini sono uccisi ogni anno dalle armi. Oggi ci sono circa 639 milioni di armi piccole e leggere nel mondo. Ogni anno ne sono prodotte otto milioni in più. Le armi leggere sono così diffuse che si stima ce ne sia una per ogni dieci persone nel mondo. Nonostante il danno che da esse viene provocato, non esiste attualmente nessuna legge internazionale comprensiva e vincolante per controllare l’export di armi. Il flusso di armi verso coloro che apertamente violano le leggi umanitarie èassolutamente ignorato da molti governi e da molte aziende produttrici. La diffusione incontrollata di armi e il loro uso arbitrario da parte delle forze ufficiali e di gruppi armati hanno un costo elevato in termini di vite umane, di risorse e di opportunità per sfuggire alla povertà.
Ogni anno, in Africa, Asia, Medio oriente e America latina si spendono in media ventidue miliardi di dollari per l’acquisto di armi: una somma che avrebbe permesso a questi paesi di mettersi in linea con gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, eliminare l’analfabetismo (cifra stimata: dieci miliardi di dollari l’anno) e ridurre la mortalità infantile e materna (cifra stimata: dodici miliardi di dollari l’anno). Da queste considerazioni devono discendere scelte, mobilitazioni, politiche che favoriscano la diffusione di una reale sicurezza attraverso un controllo e una regolamentazione efficaci degli armamenti.
La foto-petizione è un nuovo strumento di mobilitazione che intende raccogliere un milione di volti in tutto il mondo entro il luglio 2006. Proprio nel luglio 2006, a New York, si terrà la conferenza di revisione delle Nazioni Unite sul Programma d’azione per prevenire, combattere e sradicare il traffico illecito delle piccole armi e delle armi leggere in tutti i suoi aspetti e in quella occasione la campagna Control Arms presenterà ai governi tutte le fotografie raccolte per indurli ad affrontare le proprie responsabilità firmando il Trattato internazionale sul commercio delle armi.
A cura di Matteo Mazza
in sala ::