Paura del buio? L’avrete
Alla sua seconda produzione, Neil Marshall sfoggia tutto il suo talento nel gestire suspense e colpi di scena. Comincia a raccontare The descent con un taglio concreto e descrittivo, tanto che potrebbe sembrare di assistere a una storia discreta, ma in pochi minuti cambia tutto e fa entrare violentemente nella logica terribile dei fatti. È un viaggio nel cuore della terra in cui si assiste alla nascita e alla morte non solo dell’amicizia, dello spirito di gruppo, dell’amore, ma anche della dignità umana, della pietà, della bellezza come involucro vuoto. Il sotto terra è anche il dentro noi stessi. Ci si ritrova avvolti in un enorme e ancestrale utero materno, oscuro e umido, alla ricerca di una redenzione dal mondo esterno che non arriva. Una liberazione improbabile dalla mostruosità che non è solo quella che si muove agile come uno spettro tra gli anfratti oscuri delle caverne, ma anche una più pericolosa e infida, quella che si agita dentro la nostra mente. È una catarsi al contrario, un ulteriore balzo verso il fondo, in un mondo ancora più brutale e corrotto. Una sorta di ricongiungimento alla nostra natura terrena, feconda, ma anche mortale ed effimera. Marshall si riallaccia alla parte più recondita della psiche umana, femminile nella fattispecie, popolata di spettri e paure, ma anche di coraggio e voglia di vincere il dolore. Mentre queste donne scendono in profondità, si spogliano della loro bella confezione esteriore e indossano i panni di eroine forti, decise ad affrontare il pericolo. Si trasformano in esseri a loro volta letali, aggressivi oltre ogni immaginazione. La forte determinazione a non cedere è quella che consentirà loro di sopravvivere agli attacchi dei feroci nemici.
Marshall mette l’accento su un capovolgimento di prospettiva. È Sarah (Shauna Macdonald) a condurre la battaglia più intensa, un personaggio debole, una madre che ha perso la figlia e il marito in tragiche circostanze, costantemente sull’orlo di un esaurimento nervoso; mentre Holly (Nora Jane Noone) è la prima a cadere, anche se la più forte. Lo fa per sottolineare con forza che non è in gioco solo la sopravvivenza fisica e il vincere contro l’attacco dei mostri, ma lo sconfiggere le proprie paure e superare i propri limiti. Il regista ragiona sul dolore di una donna che ha perso tutta la sua famiglia. Il suo essere sola, il suo cercare le forze e le motivazioni necessarie per andare avanti, il dramma esistenziale di un genitore che sopravvive alla morte del proprio figlio. Stessa cosa fa con l’amicizia, dandone un’interpretazione cruda e disillusa. Temi forti e profondi, forse fin troppo per un horror di questo tipo. Nel buio delle grotte, parafrasi dei luoghi dell’inconscio, riemergono più facilmente fantasmi del passato. Accade a Sarah, che pensa di rivedere a ogni angolo la sua bambina morta come accadrebbe a ognuno di noi se ci trovassimo soli, in una caverna buia, inseguiti da mostri terrificanti. Questo è forse il pregio maggiore del film: l’avere radici ben dentro la quotidianità, sempre a portata di mano, ma saper anche trasportare in un mondo lontano e spaventoso.
Un piccolo neo sul finale. La trama, che per gran parte del film ha una certa sobrietà, si sfalda un poco, lasciando spazio allo splatter con sangue che scorre a fiumi: una scelta decisamente sopra alle righe. Una segnalazione particolare merita per il montaggio Jon Harris, che ha operato in maniera magistrale, con rimandi a effetto, incisi pertinenti e una cura notevole nella scelta del momento topico nel quale scatenare urla, boati e sequenze mozzafiato. Complimenti anche a tutte le donne del cast, che hanno saputo unire alla loro bellezza ottime doti acrobatiche e sportive oltre che recitative.
Curiosità
The descent è stato girato in Scozia per le scene in esterni e negli Pinewood Studios per gli interni. Le riprese sono durate circa tre mesi. Craig Conway e Les Simpson, irriconoscibili sotto le maschere dei Crowlers, hanno recitato anche in Dog soldiers.
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