La ga(n)g della vendetta
Nell’umido fetore di Detroit si nascondono personaggi surreali. Pistole sempre cariche accarezzate da mani frenetiche. Bulli da quattro soldi e pupe da sballo. Papponi e mammoni. Killer spietati e sprovveduti. Uomini assetati di sangue e vendetta. Cowboy della new generation. Tutti danzano come marionette e sparano come soldati nella realtà costruita da John Singleton. Una realtà tratteggiata a colpi di pistola e violenza nella quale quattro fratelli “affettivi” cercano la strada che porta alla verità. Una strada zeppa di pozzanghere e fango, che si dirama nei luoghi di Detroit, vera e propria trash city.
Il tentativo di mescolare humour nero e gangster movie funziona. Singleton conferma di avere le capacità per fare un cinema duro e sgradevole ma allo stesso tempo coinvolgente. Accantonata la personale trilogia su Los Angeles (città che lo ha partorito) iniziata con Boyz’n the Hood (id., 1991), proseguita con Poetic Justice (id., 1993) e conclusa con Baby Boy (id., 2001), Singleton non rinuncia alle proprie ossessioni. Le vicende personali dei Quattro Merces sono solo il pretesto per realizzare un divertente, a tratti macchiettistico e parodistico, western urbano. Un cinema costruito sulla durezza delle parole e sulla fisicità dell’attore.
Singleton gioca con i cliché del genere che l’ha reso famoso e non manca pure di strizzare l’occhio allo spettatore. Il frullato di vendetta e polvere da sparo contiene anche una certa dose di sentimentalismo. Non tanto. Quanto basta. Il passato d’abbandono, il presente di fratellanza. Due bianchi e due neri testimonial Ringo Boyz. Ma prima del “give me five” le strade devono essere imbrattate di sangue. La mamma adottiva, anziana, indifesa, regina delle cause perse, deve essere vendicata. E allora s’indossa l’armatura, si caricano le armi, si accumulano le motivazioni e si mostrano i muscoli con rispettivi tatuaggi intimidatori. Marchio di fabbrica. Ma i quattro angeli vendicatori non sono più i delinquenti di una volta. Ora sono veri uomini inseriti nella società. La strada della vendetta è lunga e l’arte del mestiere è difficile da ricordare.
Il ritmo è sempre alto grazie a qualche simpatica gag e soprattutto all’estrosa colonna sonora. Non c’è hip-hop, ma solo musica R&B più o meno moderna, da Marvin Gaye a Kayne West. Singleton non è Spike Lee quando ricalca i ghetti e il razzismo americano. E neppure Tarantino o Park Chan-wook quando parla di vendetta. E’ molto più immediato. Non cerca profondità psicologiche e nemmeno storie di eroi epici. Singleton è un colpo di pistola. Uno sparo.
Curiosità
Il lago di ghiaccio presente in una delle ultime sequenze del film è il Lago Simcoe, a nord di Toronto. È largo oltre quaranta chilometri. Gli attori hanno imparato a giocare a hockey su ghiaccio in appena una settimana. Come di consueto, Singleton ama circondarsi di divi della black music. In Four Brothers, due dei quattro fratelli sono superstar della musica R&B: Tyrese Gibson e Andrè 3000 degli Outkast. Nei film precedenti hanno partecipato come attori anche Ice Cube, 2Pac, Busta Rhymes.
A cura di Matteo Mazza
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