Un gioco sottile privo di emozione
Preceduto da una dichiarazione alla Hitchcock del regista «Mi piace un bel cadavere. Suscita l’attenzione della gente. Personalmente, se vedo un film o leggo un libro, quando c’è un cadavere non penso mai di aver perso del tutto il mio tempo», il film è un campionario infinito di citazioni del maestro della suspense al quale lo stesso Chabrol (con Eric Romher) dedicò un memorabile saggio critico nel 1957 (Hitchcock): dal tema dello scambio di delitti e del transfert di colpa (Delitto per delitto – Stranger on a train, 1951), ai non-sense, all’umor nero fino al gusto per l’assurdo. Presentato fuori concorso al Festival di Venezia 2004, La damigella d’onore racconta la passione/ossessione tra Philippe e Senta, una misteriosa ragazza che cambia spesso nome. Tra i due nasce un amore morboso e folle sublimato da un patto criminale.
Regia elegante ma fine a se stessa
Una testa di donna scolpita che cambia spesso proprietario segna, come in una gag alla Hitchcock, il percorso visivo e psicologico del film. Ma resta un diversivo, citazioni e humour stancano presto e il film non va oltre un puro e compiaciuto divertissement. Accusato da Godard di fare film commerciali, Chabrol, uno dei padri della Nouvelle Vague, ci ha abituato negli oltre cinquanta film girati in quasi cinquanta anni a capolavori come Violette nozière (id., 1978) e film quantomeno discutibili ma tutti traboccanti di curiosità verso la natura umana. Il tono eccessivamente lezioso de La damigella d’onore ne condiziona, invece, il ritmo e la capacità di intrigare. È netta, quindi, la nostalgia del suo sguardo feroce sulla borghesia e dei suoi personaggi ipocriti e bugiardi. Eppure il romanzo di Ruth Rendell da cui è tratto il film contiene i ricorrenti temi chabroliani del male rappresentato da una donna, della degradazione e dell’amore malato come eccezione all’ordine morale imposto. Anormalità e mitomania (Senta dice di aver recitato con John Malkovich) riportati su pellicola diluiscono però nell’ironia, perdendo forza e il distacco dell’autore dai personaggi, pur ben interpretati, diventa freddezza nello spettatore. Non basta quindi una regia elegante se tutto si risolve in un gioco sottile privo di tensione emotiva e, quindi, fine a se stesso. Troppo poco, perlomeno da Claude Chabrol. Parafrasando quanto detto dal regista a proposito di Hitchcock, «La forma abbellisce il contenuto non lo crea».
Curiosità
Chabrol, nel corso della presentazione del film, ha dichiarato a proposito del suo rapporto con gli attori «Pranzo con gli attori, vedo cosa mangiano e i loro gesti per capire se utilizzare l’eleganza o la goffaggine, tutte cose che emergono da un pasto». Laura Smet, che interpreta Senta, recentemente vista ne La donna di Gilles (La femme de Gilles, Frèdèric Fonteyne, 2004), è figlia del cantante Johnny Hallyday e dell’attrice Nathalie Baye, interprete del penultimo film di Chabrol Il fiore del male (Le fleur du mal, 2003), nonché di diverse pellicole di Truffaut e Godard.
A cura di Raffaele Elia
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