Diario da Locarno: Day 6-7
Altri due giorni di festival, altri quattro film in concorso ma l’antifona non cambia. Il pubblico mormora all’uscita delle sale chiedendosi quando arriveranno i film che ricorderanno per negli anni a venire. Per ora le promesse sono state mantenute solo in parte. Si è partiti con il film canadese di lingua francese La neuvaine (t.l.: La Novena) di Bernard Émond. Il progetto, sulla carta interessante, prevede che questo sia il primo film di una trilogia a carattere esistenziale sul senso della vita nelle tre religioni più importanti, cristianesimo, islam e ebraismo. Il cristianesimo apre la trilogia, con questo film che tratta il delicato tema del vuoto esistenziale e del senso della vita. Una dottoressa, ossessionata dall’omicidio di una paziente e della piccola figlia di cui si attribuisce la colpa, incontra François, un ragazzo profondamente religioso che intraprende una novena per pregare per la nonna in fine di vita. Le storie di Jeanne e di François, così soli di fronte al dolore della morte, finiranno per incontrarsi sulle rive di un fiume. Le posizioni dei due protagonisti nei confronti della morte sono diametralmente opposte, i due si aiutano e si sostengono a vicenda ma nessuno cerca né riesce ad avvicinarsi all’altro. Ne risulta un film statico, in cui non è presente un forte filo narrativo e nemmeno un crescendo del dramma psicologico capace di coinvolgere lo spettatore nei dubbi etici del dolore dei protagonisti. Se il modello di riferimento di questo cinema è Bergman, La neuvaine non si avvicina nemmeno alla profondità del maestro norvegese.
Di un certo interesse, ma non completamente riuscito, è il lungometraggio dei gemelli Quay dal titolo curioso di The Piano Tuner of Earthquakes (T.l.: L’accordatore di terremoti), un film ambizioso, capace di scivolare fra il sogno e l’incubo, la musica e i quadri espressionisti (la vicenda ha come scenografia L’isola dei morti di Arnold Böcklin), alla ricerca di quello che i due registi definiscono “realismo magico”.
Innamorato della sua voce, l’inquietante Dottor Droz simula la morte della cantante lirica Malvina sul palco, davanti al suo pubblico. Droz porta sull’isola misteriosa il corpo di Malvina, per risvegliarla, ma in realtà egli ha pianificato un progetto diabolico di cui solo un po’ si riesce a capire la natura. Il piccolo microcosmo sull’isola di Droz è composto di servitori, boschi e robot, ma soprattutto di sei automi (macchine automatiche composte da pupazzi semoventi che producono musica) che hanno bisogno dell’intervento di Felisberto, un accordatore di pianoforte che passo dopo passo capirà la ragione per cui gli automi sono stati costruiti. I fratelli Quay hanno realizzato un film assolutamente affascinante dal punto di vista formale, ma a tal punto ambizioso da lasciar perplesso lo spettatore, mancando di umiltà e autoironia. Nel panorama del concorso di questa edizione è apparso come una boccata d’ossigeno, ma è chiaro che la soluzione di continuità nella piattezza del Festival non è in The Piano Tuner of Earthquakes. Un peccato.
Con Familia, invece, si torna in Quebec, nel Canada francofono. La regista Louise Archambault, al suo primo lungometraggio, dipinge un impietoso ritratto di due famiglie allo sfascio, attraverso due donne e le rispettive figlie. Michèle è una insegnante di aerobica con il vizio del gioco, cronicamente senza un soldo e senza una casa e madre poco attenta ai bisogni della figlia quattordicenne. Janine è invece un’arredatrice, sposata con un marito che la trascura, che vive in una bella casa con due figli, su cui riversa un affetto ossessivo fatto di educazione ipertradizionale. I mondi delle due donne verranno a collidere quando Janine accetterà di ospitare Michéle e la figlia per un periodo di tempo, che sembrerà protrarsi troppo a lungo. In questo lasso di tempo Janine e Michéle realizzeranno il loro fallimento nel ruolo di madre. Il tema del rapporto tra madre e figlia pre-adolescente è sempre molto apprezzato dai Festival delle edizioni Bignardi (basti ricordare il recente Thirteen premiato lo scorso anno) e il film di Louise Archambault rientra perfettamente nel filone, avendo il pregio di essere capace di smuovere l’animo dello spettatore, cosa che a poche pellicole del concorso è riuscito per quest’anno, ma rimane comunque un film che non brilla per originalità narrativa ne’ formale.
Delude invece l’avventura francese del regista nipponico Nobuhiro Suwa. A couple parfait (T.L.: Una coppia perfetta) segue il trend locarnese di sfoggiare un titolo antitetico a ciò che viene raccontato nel film (come We are all fine e A perfect day) descrive la crisi di una coppia prossima al divorzio che gli amici reputavano invece di esempio per tutti. Ottimi gli interpreti italiani Valeria Bruni-Tedeschi e Bruno Todeschini nel descrivere il lento allontanamento fra i due amanti. Il film latita nella sceneggiatura e nella regia, poiché se è possibile descrivere un’intera sequenza con un’unica inquadratura statica, è anche vero che in questo quadro è necessario che succeda qualcosa che tenga desta l’attenzione del pubblico. L’immobilità della macchina da presa e la scelta di un campo lungo, invece che i classici primi piani in campo e controcampo, sottolineano la distanza che si viene a creare fra i due protagonisti e l’immobilismo delle loro posizioni. Inoltre questo tipo di regia permette agli attori di improvvisare la recitazione, a vantaggio di un realismo (molto francese nonostante l’origine giapponese del regista), ma a scapito del coinvolgimento dello spettatore. La presenza della Bruni Tedeschi non salva il film, che ha deluso le aspettative del pubblico cinefilo di Locarno.
Oggi toccherà all’atteso film italiano La guerra di Mario di Antonio Capuano mentre venerdì 12 chiuderà il concorso l’americano Nine Lives di Rodrigo Garcìa, che ormai catalizzano l’attenzione di un pubblico che aspetta solo di essere svegliato.
I film del giorno
La neuvaine
Regia di Bernard Émond
Canada
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The piano tuner of earthquake
Regia di Stephen e Timothy Quay
Gran Bretagna / Francia / Germania
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Familia
Regia di Louise Archambault
Canada
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A couple parfait
Regia di Nobuhiro Suwa
Francia / Giappone
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A cura di Carlo Prevosti
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