Lo skate come il surf
Una storia di fiction per raccontare la vera storia dei mitici skaters Stacy Peralta, Jay Adams e Tony Alva, che volteggiando con lo stile del surf sui loro sakerboard nelle piscine delle case dei ricchi vuote per la siccità inventano il “land surfing” perché «c’è più cemento al mondo che onde da surfare».
Dopo il documentario Dogtown and Z-Boys (id.,Stacy Peralta, 2000 – in Italia però solo dallo scorso giugno e curiosamente nelle sale contemporanemamente a questo film), la regista Catherine Hardwicke su sceneggiatura dello stesso Peralta, dopo le sue teeneger dannate e ribelli di Thirteen (id., 2003) dirige con Lords of Dogtown un altro film sulle gioventù bruciate, che qui si salvano liberando le loro energia e adrenalina su tavole da skate bioniche e sempre più veloci.
Lords of Dogtown, con un montaggio spezzato e un’immagine sporca, mostra e pedina le corse mozzafiato, le sensazionali acrobazie, le piroette a 360° di questi campioni, raccontando di pari passo la loro storia di gioventù e amicizia.
Stacy Peralta, il più integro e innocente dei tre, è interpretato dall’angelo biondo di Elephant (id., di Gus Van Sant, 2003) John Robinson, Emile Hirsch è Jay Adams (al cinema anche con Imaginary Heroes – id., Dan Harris, 2004), invece il più selvaggio e duro che si farà skinhead e Victor Rasuk è Tony Alva, il più bramoso di fama e soldi che «fa a gara con il sole per stare al centro dell’universo».
Se il surf e le onde di Un mercoledì da leoni (Big Wednesday, John Milius, 1978) sono il cuore dell’amicizia tra Matt, Jack e Leroy, in Lords of Dogtown è la voglia di riscattarsi dalla lurida vita di Venice Beach, la passione per lo skateboarding e soprattutto il senso del farlo insieme a tenere legati questi ragazzi anche dopo che il successo, i contratti d’oro con gli sponsor e le rivalità li allontaneranno.
Gli anni settanta, gli hippy, le feste, le spiagge della California, il ghetto di Dogtown tra Santa Monica e Venice, allora man’s land, adesso punteggiato da condomini e hotel, le sue strade sudicie, l’asfalto di Los Angeles che ribolle sotto le rotelle di uretano delle tavole da skate, il Pacif Ocean Pier che oggi non esiste più. Tutto questo Lords of Dogtown ricostruisce realisticamente anche grazie e una colonna sonora perfetta (da Fire di Jimi Hendrix a Maggie May di Rod Stewart, Iron Man dei Black Sabbath e Success di Iggy Pop) che cerca di rendere l’atmosfera e il mito di quell’epoca e l’animo di quei ragazzi pieni di rabbia, sogni e passione.
La Hardwiche fotografa un’era e il suo sogno con energia e autenticità ma a questa storia di skate e amicizia mancano quell’anima e quella nostalgia con le quali John Milius aveva saputo e sa ancora a distanza di più di vent’anni emozionarci.
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