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Holden nel duemila

Holden nel duemila

Prendete “il giovane” Holden Caulfield, catapultatelo nel 2000, dategli un padre Matthew Sharpedepresso che finisce in coma, una madre con ansie da costrizione ed una sorella con manie totalitario-religiose, confusa e spaventata dal confronto col mondo, aggiungete ironia e sarcasmo, il tutto miscelato in un linguaggio implacabile, e avrete Gli Schwartz.

Un romanzo, a mio avviso, che dovrebbe essere letto da tutti coloro che non hanno compreso a pieno il testo di Salinger e si sono sempre chiesti perché è così famoso. Ebbene, paradossalmente, se volete comprendere quel libro dovete leggere questo. Entrambi, infatti, sono romanzi di formazione scritti con il linguaggio della propria epoca, e, quindi, radicati nelle disillusioni del proprio tempo:
«Cathy sapeva che i suoi pochi eccentrici amici faticavano a relazionarsi con il suo cattolicesimo, però li perdonava. Non era l’incomprensione degli amici ciò che temeva. Sapeva che le feste erano luoghi in cui la gente soffriva, ed era quello a spaventarla».

Leggere Gli Schwartz è come assaporare un film iperrealista, ritrovarsi di fronte a situazioni reali, la cui intelligibilità non è assicurata e tantomeno univoca. Lo si potrebbe definire un romanzo post-moderno che di postmoderno ha la disillusione e la ricerca del perduto o del mai avuto: «Non era propenso al suicidio ma il pensiero lo confortava. Pensieri suicidi come forma di intrattenimento».

Questa è la storia di una famiglia particolare e allo stesso tempo identica a molte altre, per quanto riguarda gli schemi comportamentali o le schizofrenie interne, i cui componenti sopravvivono al mondo (in maniera rocambolesca) attraverso gli strumenti sociali acquisiti da un’epoca di disillusione. Parole d’ordine di questo testo sono rabbia, confusione e sarcasmo, che l’autore, Matthew Sharpe (professore di scrittura creativa alla Columbia University), miscela con stile asciutto e spregiudicato dando vita ad un linguaggio immediato. In una frase: sincero e agghiacciante nella sua capacità di far ridere e di raccontare la verità, anche se, come ci ricorda il protagonista, Chris, «sentirsi dire la verità nuda e cruda è estremamente impegnativo». L’autore, ammiccando tra le righe, ci chiede se non ci siamo dimenticati di essere stati, o di esserci sentiti, dei piccoli Prometeo che, senza saperlo, lottano per rubare il fuoco agli dei.

Per concludere, un lampo di ottimismo alla Schwartz:
«Nell’attesa mi pregio di offrirle il seguente pensiero ottimistico: ciò che nella sua vita fa schifo – e in particolare il modo in cui fa schifo ciò che attualmente nella sua vita fa schifo – non perdurerà all’infinito».

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