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La cosa più importante, negli affari, è saper mediare

La cosa più importante, negli affari, è saper mediare

Se l’originale titolo della pellicola e del romanzo faceva un palese riferimento alla stratificazione sociale cui tutti siamo sottoposti – Layer Cake altri non è infatti se non la torta a strati – il “pusher” del titolo italiano è invece colui che spinge le contrattazioni dove crede più opportuno. Un qualunque uomo d’affari che non cambia in base al tipo di merce trattata, che si parli di stupefacenti o di immobili, due tipologie di prodotti che in fondo, formalmente, non ne variano il ruolo.
L’inglese Daniel Craig porta sullo schermo, diretto da Mattew Vaughn, un uomo di affari molto sui generis: un trafficante di stupefacenti che ha saputo, senza mai sporcarsi le mani con armi e forze dell’ordine, costruirsi un bel gruzzolo da spendere con calma. Per il finale della sua carriera questo uomo d’affari, che rimarrà anonimo, senza nome né identità, come la rotella di un ingranaggio, dovrà sbrogliare una matassa che velocemente e improvvisamente gli verrà costruita attorno. Quelle che parevano due semplici formalità diverranno infatti un caso intricato e difficilmente risolubile, ove le alleanze costruite in un due lustri di “onorato” servizio verranno messe in dubbio.

Craig, aiutato dalla sceneggiatura di J. J. Connolly, crea un personaggio per il quale non si può provare né simpatia né affetto, un affarista che a inizio pellicola ci descrive come abbia saputo costruirsi un business miliardario, come sia in grado di spartire i proventi, come, apparentemente, sia un semplice proprietario di un’agenzia immobiliare e paghi tutte le tasse. Un tema trito e ritrito, più e più volte portato sul grande schermo. Difficile non vedere in questo scampolo di trama l’ombra del Carlito Brigante interpretato da Al Pacino (Carlito’s Way – id., Brian De Palma, 1993) rivisto però sotto una luce differente. Se nel caso della pellicola di De Palma Pacino era reduce da una lunga detenzione coronata con l’uscita dalle “patrie galere”, qui invece non si ha né morale né redenzione, ma solamente una gran voglia di uscire dal giro immacolati esattamente come vi si era entrati.

Uno svolgersi delle azioni incalzante, con personaggi tutti in grado, a partire dal protagonista, di bucare lo schermo (imperdibile il killer interpretato da Colm Maney) e una serie di colpi di scena molto ben orchestrati fanno di questo film, che in patria è già stato ribattezzato come il Trainspotting (id., Danny Boyle, 1996) del mondo degli spacciatori, una pellicola originale che si lascia guardare molto volentieri nonostante qualche leziosità in cabina di regia, una trama a volte intricata e la leggaera trovata della Luger in mano a Craig per rammentare al pubblico dove a breve lo si rivedrà, ovvero nel ruolo dell’agente 007.

Curiosità
Il film è tratto dal romanzo Layer Cake, scritto da J.J. Connolly e edito in Italia da Einaudi. Il regista Matthew Vaughn ha deciso, all’ultimo momento, di non dirigere il terzo episodio di X-Men causa problemi personali.

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