hideout

cultura dell'immagine e della parola

Pioggia di colori su fondo nero

Pioggia di colori su fondo nero

La storia di due fragilità, l’una che sfida tutti con spavalderia, l’altra in cerca d’identità, entrambe con un disperato bisogno di tenerezza. Percorsi diversi segnati da una notte d’estate di alcuni anni prima e dal sangue che sgorga dal naso, non è importante se in conseguenza di un trauma o di un cliente cattivo. Neil, cresciuto troppo in fretta e dotato di un immenso potere di seduzione, Brian fermo a quell’estate. Mysterious skin risucchia lo spettatore nel buco nero delle loro menti per restituirlo due ore dopo fuori dalla sala con un senso di assoluta estraneità e con il cuore stretto nel ricordo dello sguardo di Brian perso dietro i grandi occhiali. Ogni evento è vissuto attraverso la totale immedesimazione con i bambini, con i loro misteri, le loro curiosità e il loro sguardo ingenuo e sensibile sulle cose. La casa dei balocchi dell’allenatore, la pioggia di crispies colorati sul pavimento, tutto è gioco anche se gioco d’adulti. Il corpicino nudo di Brian e la viscida mano dell’alieno che ricorda quella del professore in Zero in condotta (Zéro de conduite, Jean Vigo, 1933) sono ricordi confusi e sfumati dell’infanzia come la notte di Halloween dove l’horror da baraccone nasconde sevizie vere. I padri sono assenti, negligenti e alla fine rifiutati, le madri, occupate con stupidi machi da figurina o a preparare torte, sono prive degli strumenti per capire e così lasciano spazio agli “alieni”. Gli stessi che erano vampiri in Mystic river (id., Clint Eastwood, 2003) o diavoli di Fuoco cammina con me (Fire walks with me, David Lynch, 1992), che arrivano e, come l’allenatore dai baffoni rossi e dal sorriso rassicurante, scompaiono con i loro segreti e la loro vergogna.

Il buco nero
Rispetto a Doom generation (id., 1995), l’ambiguità diventa dolorosa consapevolezza e Araki, come Korine, Clarke o Van Sant, scruta gli adolescenti Usa con una sensibilità priva di moralismi descrivendone il disagio e le contraddizioni. I simboli popolari come il baseball sono demoliti ma senza toni violenti. Le semplificazioni etiche sono abbandonate in un mondo complesso il cui lato oscuro non è contrapposto alla normalità ma ne è intrecciato indissolubilmente. In quel mondo un sorriso convive con una marchetta e una carezza con la crudeltà. Una denuncia senza astio utile per comprendere più che per gridare contro. L’esistenza è un buco nero e le sequenze sono separate da inserti scuri fino alla bellissima scena finale con i ragazzi che volteggiano sul divano in balia dell’oscurità dove anche l’uomo nero si confonde con tutto il resto.

Curiosità
La madre di Neal è interpretata da una dolce e sensuale Elisabeth Shue (Via da Las VegasLeaving Las Vegas, Mike Figgis, 1995 -, Ritorno al futuro parte IIBack to the Future Part II, Robert Zemeckis, 1989).

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento!

«

»