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cultura dell'immagine e della parola

Il male sospeso nel vuoto

Il male sospeso nel vuoto

Un inizio dal tono forte con scene frammentate e confuse di ragazzi che seviziano sadicamente al ritmo di una colonna sonora tribale un uomo grasso che sa di ordinarietà. Immagini interrotte da inserti in cui i torturatori, sguardo nella macchina da presa e sorrisi folli, si autopresentano, e da flash back che introducono i personaggi. Sembra il prologo dell’ennesima storia di violenza compiaciuta e non l’avvio di una mirabile costruzione narrativa cadenzata da perentori stacchi su una bara di legno con crocifisso argenteo ripresa dall’alto, da cui la macchina da presa ogni volta si allontana con un lento carrello all’indietro per riprendere con distacco, sotto una pioggia che non purifica, la descrizione di un gruppo di ragazzi accomunati dal vuoto e dalla morte.

Maschere e citazioni
Tutti sono mascherati o in cerca di travestimento, come Sandro, faccia cattiva, portamento ducesco, capelli rossi e camicia beige con fascia nera come il capo dei nazisti dell’Illinois in The blues brothers (id., John Landis, 1980) o Emiliano, patetico e inquietante nella tuta bianca. I loro volti sono segnati da cicatrici e sangue e le bocche deformate da smorfie, ghigni o apparecchi per i denti. Diverse le citazioni cinematografiche, dal ragazzo che canta Singing in the rain durante la violenza (Arancia meccanica – A clockwork orange, Stanley Kubrick, 1971), al cane ferito soccorso come nell’inizio de La venticinquesima ora (25th hour, Spike Lee, 2003), ai piedoni frontali del morto nell’obitorio (La congiura degli innocenti – The trouble with Harry, Alfred Hitchcock, 1952).

Dal teatro nasce il cinema
Sullo sfondo della scenografia razionalista di una Latina insolitamente rarefatta vanno in scena dialoghi estranianti, ma a fugare ogni rischio di prevalenza del linguaggio teatrale pensa un complesso ed efficace montaggio a ventaglio, ricco di deviazioni temporali e movimenti di macchina fluidi e poetici, ispirati da un non comune senso visivo. La macchina da presa galleggia muovendosi lateralmente e verticalmente intorno ai personaggi senza la nevrosi della camera a mano, esaltando anzi le possibilità creative della steadycam nel rendere l’effetto di sospensione del tempo. A comporre il mosaico un finale a sorpresa che, lontano dai colpi di scena gratuiti o spettacolari, conferisce al male e al vuoto fino a quel momento privi di senso un terribile e inesorabile significato.

Curiosità
Nell’ottimo quanto eterogeneo cast, che assolda Paolo Villaggio e Loretta Goggi e tra cui spicca Lorenzo Balducci, si segnala Moran Atias, modella israeliana che ha partecipato a programmi tv come Matricole, I raccomandati e Cronache marziane, Francesco Venditti, figlio del cantante Antonello e Alexandra La Capria, figlia dello scrittore Raffaele, anche co-sceneggiatrice del film. C’è spazio anche per un cammeo del regista nei panni del portantino dell’obitorio.

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