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cultura dell'immagine e della parola

Dove portano i binari

Dove portano i binari

Ci sono film costruiti su pochi ed essenziali elementi, e da questi traggono la loro forza e la loro originalità: Station Agent fa sicuramente parte di questa schiera di pellicole. Estremizzando si potrebbe affermare che è un film costruito interamente su un solo elemento base: i suoi personaggi. In effetti, gli eventi che accadono sono veramente ridotti all’osso: tutto succede nei primi dieci minuti del film, quando una serie di circostanze fa incontrare tre personaggi, creando un particolare situazione per cui saranno tutti costretti a un confronto/scontro dal quale ne usciranno cambiati profondamente.

McCarthy possiede indubbiamente un talento nel rendere fluida e scorrevole la narrazione, sia a livello di sceneggiatura che a livello di scrittura cinematografica, quest’ultima priva di sbavature e di (inutili) virtuosismi. La scelta di un linguaggio semplice supporta alla perfezione il ritratto di un’America insolita, lontanissima dai grattacieli metropolitani o dal sole californiano, un’America che ricorda, in alcuni tratti, quella ritratta da Jim Jarmush. E in effetti Station Agent, con il cinema di Jarmush, condivide un certo amore per i personaggi border-line: gente che non riesce, o forse non vuole, trovare una collocazione negli schemi che la società impone. Il personaggio del nano, riuscitissimo e davvero indimenticabile, rappresenta al meglio questa situazione di disagio.

Ma la bravura di McCarthy sta anche nel modo in cui tratta il tema della discriminazione e dell’emarginazione sociale: non c’è patetismo e non c’è nessuna morale consolatoria, ma non c’è nemmeno, all’opposto, una visione totalmente pessimistica della vita e della società. McCarthy ama i suoi personaggi, e non fa nulla per nascondercelo, e forse per questo non li giudica e non li giustifica: si limita a ritrarli, con le loro debolezze e le loro piccole gioie.
Cinema indipendente nel vero senso della parola, onesto e anti-sensazionalistico: una sana boccata d’ossigeno che riconcilia con l’essenza della settima arte.

Curiosità
Il regista ha scritto i tre personaggi principali direttamente per gli attori che li impersonano. Forse è per questo che sono riusciti così bene?
McCarthy, prima di fare questo film, aveva lavorato come attore interpretando ruoli assolutamente secondari in film come Il Guru (The Guru, Daisy von Scherler Mayer, 2003) e Ti presento i miei (Meet the parents, Jay Roach, 2000).

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