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La guerra dei sessi

La guerra dei sessi

Il gioco e l’assedio
Parlare di guerra per questo film può sembrare strano. Tuttavia, il combattimento tra uomo e donna è il campo privilegiato della battaglia che viene messa in scena: grandi e morbidi movimenti di macchina che abbracciano i ruoli delle parti, dentro e fuori il palcoscenico, che danno senso di continuità a una vicenda che si srotola precisamente, senza sbavature, come fosse un gioco di ruolo. E dei ruoli.
Poi, sul palco, è la vicinanza al dettaglio ad assediare l’evento che viene rappresentato, a darne risalto, quel risalto che nella vita non si può notare. L’Otello portato in scena prende vita e verità solo nel momento in cui i due protagonisti investono nella rappresentazione la loro realtà intima, e proprio questo accade nel momento della morte di Desdemona. L’assassinio ritrae la rottura dei fronti, la fine dell’assedio e la vittoria della battaglia da parte della vita. E non può essere altro che un gioco, una partita a scacchi nella rappresentazione delle mosse di Kynaston e di Maria, attorniati da una serie di pedoni che cercano di proteggere l’uno o l’altra. Il combattimento è assolutamente pari: nessuno dei due è più forte dell’altro, entrambi si compenetrano, scambiandosi i ruoli nella vita o sul palco, diventando, prima l’uno poi l’altra, Desdemona o la stella teatrale del momento, scambiandosi oggetti, parrucche, vestiti, imitando l’uno la voce dell’altro. Entrambi assediano la rappresentazione dell’altro senza mai arrivare al suo corpo.

Questione di posizioni
«Com’è tra uomini?» chiede lei a lui. Lui risponde: «Dipende chi è l’uomo e chi la donna». Lei replica: «Ma io ti ho chiesto com’è tra uomini, non tra un uomo e una donna».
Un’immagine che vale tutte le parole è quella dove Maria e Kynaston interpretano le posizioni dell’amore, tra uomo e uomo, tra donna e uomo. Dalle posizioni che assumono traggono le definizione di donna e di uomo, in base a criteri di sottomissione, di penetrazione, di potere. La donna può essere uomo, l’uomo sotto di lei donna. Scorre liscia questa sequenza, i tagli sono fluidi e lasciano continuità e innocenza a una immagine filmica che stabilisce l’ambiguità dei ruoli sessuali. Senza definizioni intermedie, esistono solo uomini o donne, donne che interpretano l’uomo, uomini che atteggiano il proprio corpo in imitazione di quello femminile.
E sul palco la rappresentazione della femminilità può, paradossalmente, essere insegnata da un uomo che ne ha carpito le movenze stereotipate. Non si sciolgono i dubbi, perché, eternamente, uomo e donna recitano insieme su un palco, prigionieri di un ruolo, mai liberi del tutto dal gioco delle proprie posizioni. Così, il sipario della vita si chiude sull’indeterminatezza, che permane intatta dietro il palco. Quel velo ci lascia intuire il continuo gioco di forze tra donna e uomo, che si spingono, intrecciano le loro mani in un tentativo di dominio sull’altro, si guardano con gli occhi increduli di chi non comprende la vera natura dell’altro.

Curiosità
Nato nel 1643 e morto nel 1712, Adward Kynaston fu un apprezzato attore di ruoli femminili. Il suo suggeritore, John Downes, disse di lui che era «la completa bellezza femminile da palcoscenico» («complete female stage beauty») e che le su performance erano davvero buone, specialmente le parti gestuali rituali che rappresentavano la compassione e l’umiltà femminile.

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