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In nome di Dio (o InsciAllah)?

In nome di Dio (o InsciAllah)?

Dopo l’esperienza romana de Il gladiatore (Gladiator, 2000), il talento visionario di Ridley Scott torna ad affrontare un tema del passato, affascinante e misterioso, scegliendo di mostrarci l’epopea delle Crociate. Precisamente, la scelta di Scott cade sul periodo che intercorre tra la seconda e la terza crociata, quando a capo del regno cristiano di Gerusalemme c’era Baldovino, un giovane re francese lebbroso e vicino alla morte: a questo sovrano illuminato e saggio Scott affida il messaggio di pacifismo a cui fa da controparte musulmana il celebre e altrettanto illuminato Saladino. Ma il regista ha dichiarato di non avere nessun intento politico nel mettere in scena, nell’attuale situazione internazionale, un tema tanto controverso e delicato, oltre che facilmente fraintendibile. E, infatti, dal film non emergono messaggi faziosi, ma si assiste a un ritratto equilibrato e piuttosto fedele dei due sovrani.

I personaggi
Purtroppo, però, Scott non si dimostra altrettanto fedele alla storia nel creare gli altri personaggi, offrendoci un campionario di situazioni scarsamente credibili. In primo luogo Balian di Ibelin (Orlando Bloom), che in pochi giorni passa da giovane maniscalco a eroico difensore di Gerusalemme assediata, tradisce ogni sorta di fedeltà storica: se è possibile, infatti, che un tale personaggio abbia partecipato alla difesa della Città Santa, non è accettabile che Scott voglia farci bere che fu proprio lui il “generale”. Ma dopotutto già ne Il gladiatore ci era toccato vedere il forzuto Massimo (Russel Crowe) sgozzare il crudele imperatore Commodo (Joaquin Phoenix) in un’improbabile lotta all’ultimo sangue dentro al Colosseo. Probabilmente questa semplificazione è una delle condizioni necessarie per distribuire pellicole di taglio storico negli Stati Uniti, dove il pubblico medio, del tutto ignaro della Storia d’oltreoceano, ha bisogno di intrecci facili e prevedibili, con dei Chuck Norris in costume che mettono sempre le cose a posto, rigorosamente da soli. Non si spiegherebbe, altrimenti, il ritratto che il regista ci offre dei Templari, dipinti come un’orda di rissosi e sanguinari invasati, avidi di potere e profondamente intolleranti, rispecchiati, nelle file islamiche, da alcuni gruppi estremisti che inneggiano «Allah U Akhbar» come in un’intifada ante litteram: queste due fazioni servono a rappresentare i cattivi di entrambe le parti, a cui si contrappongono gli eroi di cui sopra, che alla fine però avranno il sopravvento e porteranno alla catastrofe. Il personaggio più discutibile è però Sibylla (Eva Green), sorella del re Baldovino e moglie del crudele Templare Guido di Lusignano (Marton Csokas): oltre a essere esageratamente libera e libertina per il clima del tempo, quello che sbalordisce è che sia la moglie ufficiale di un cavaliere Templare, che per quanto lussurioso apparteneva comunque a un ordine di monaci (e dei più severi) e non avrebbe pertanto potuto avere moglie.

Scenografie mozzafiato
Ma la forza di Ridley Scott, si sa, sono le ambientazioni che riesce a ricreare, e anche questa volta ci offre delle straordinarie ricostruzioni di città, castelli e roccaforti; avvalendosi del talento dello scenografo Arthur Max, il regista ci regala delle splendide panoramiche, una delle quali è particolarmente suggestiva. Si tratta della vista globale del porto di Messina, da cui partivano le moltitudini di Crociati, che raccoglie in sè tutto l’immaginario visivo ed emozionale relativo a quel particolare periodo storico.

Il cast
Particolarmente buone sono le prestazioni di alcuni attori, come l’inossidabile Jeremy Irons (Tiberias), il sanguinario Templare Brendan Gleeson (Reginaldo di Chatillon) e il bell’Orlando Bloom (Balian), che si dimostra un attore maturato e all’altezza del suo primo ruolo da protagonista.

Curiosità
Il film annovera nel cast anche Edward Norton, nei panni del re lebbroso Baldovino, ma le fan dell’affascinante Edward resteranno deluse: egli infatti porta per tutto il film una maschera d’argento, e nell’unico istante in cui, morto, ne viene liberato, ha il volto talmente sfigurato che sarà impossibile riconoscerlo.

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