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Cultura globale alcoolica

Cultura globale alcoolica

Guardando a un pubblico dalla crescente maturità, già stimolato da Micheal Moore, Mondovino cerca di approfondire l’idea di risorsa territoriale e culturale del vino, non solo dal punto di vista dell’immagine, del packaging (“risorsa” in ogni caso giovane), o dal “Libiamo ne’ lieti calici” (“risorsa” invece più antica).
Il vino diventa il percorso fra tre continenti e intreccia le storie di broker milionari, di Borgogna, di Bordeaux, di globalizzazione.
La bravura di Nossiter risiede nel suo modo di essere etico, ma non pedante, sensibile ma non solo politico.
È indubbia la paura di entrare in un mondo di nicchia, di parole mal spese, di attributi senza personalità, di mondi complicati nei quali non vogliamo entrare, di aromi che non riusciamo a percepire.
L’autore riesce a eliminare quell’altezzosità tipica di questa cultura, o forse di chi ne vuole fare parte per il suo aspetto legato a uno stile di vita esclusivo.
Il desiderio che ne esce fuori è bilanciato tra il conservare e l’innovare, la trasgressione di per sé come sintomo di globalizzazione, di cancellazione e la tradizione intesa come idea di “rispetto”. Cambiare significa non rispettare?

«Produrre un buon vino è un mestiere da poeti».
Per tanti motivi, questo film deve confrontarsi con una nuova idea di piccola impresa, e dare conto alla globalizzazione come elemento di forte contraddizione culturale.
Ma quello che dovrebbe premere maggiormente la critica è la risorsa territoriale che l’elemento culturale enogastronomico ha come impatto: si è soliti sfidare il vino australiano o californiano come sintomo simil cinese di distruzione delle nostre vigne. Inutile propaganda politica: le nostre vigne, il Monferrato, le Langhe poggiano su una consolidata storia vitale del loro territorio: il vino è vita, e rappresenta una parabola mortale che nasce, si conserva e muore (per questo consiglio Sideways – id., Alexander Payne, 2004 -, non tanto per la gloriosa sceneggiatura, ma per carpire il ciclo di vita che una bottiglia intrinsecamente assume). La California ha copiato il nostro Cabernet? A loro manca tutto il resto, manca l’indotto culturale che le vigne e i loro genitori hanno conservato.
«Esaltami, Scotty, mandami del vino da Marte..». E noi facilmente aspettiamo un’unica idea di nuova risorsa territoriale…

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