Chi più spende più guadagna?
Millions di Danny Boyle è uno di quei film di cui stenti a capire le intenzioni del regista: avrà voluto prendere gli spettatori in contropiede, sottoponendoli a qualcosa che non si aspettavano assolutamente? O invece è incappato in un mezzo passo falso, e il film che aveva in mente non è rimasto che sulla carta, o nel suo cervello? Ecco, il sospetto è che Millions sia un po’ tutte due le cose. All’inquietante 28 giorni dopo (28 Days Later, 2002) non poteva succedere opera più diversa.
L’ultimo lavoro di Doyle è in sostanza una parabola sul potere corruttore del denaro. Di fronte a esso, il solo che si salvi è Damian, unico depositario di un sistema di valori non materialistico.
Millions si snoda tra passaggi di sceneggiatura a dire il vero un po’ stanchi, come se a un certo punto l’autore (Frank Cottrel Boyce) non abbia più saputo come continuare, e sia riuscito a procedere solo un passo alla volta.
Per quanto alcune situazioni siano divertenti, anche se ripetitive alla lunga (il piccolo protagonista che vede i Santi e parla con loro, dei Santi tra l’altro molto cool e al passo coi tempi, con Santa Caterina che si fa addirittura una canna) il film sembra sempre alla ricerca di un equilibro che non si trova, e i momenti gradevoli (che pure, scarsi, sono presenti) non bastano a salvare un’operazione tanto raffazzonata da sembrare naïf (o viceversa).
Doyle applica per Millions uno stile registico che sembra stare all’incrocio tra Trainspotting (id., 1996) e Il favoloso mondo di Amélie (Le Fabuleux destin d’Amélie Poulain, Jean-Pierre Jeunet, 2001) ovvero: libero spazio alla fantasia e addirittura una certa visionarietà. Penso a una delle primissime sequenze, quella della costruzione velocizzata della casa, con Damian e Anthonyche camminano nelle stanze man mano che queste si innalzano da sole una dopo l’altra. Alcuni effetti, però, seppur ben fatti, appaiono un po’ troppo computerizzati, stile screen saver di Windows per intenderci.
Visionarietà che è presente anche a livello narrativo: la stella cometa, che guida Damian a trovare la via della sua vecchia casa; o ancora, la madre defunta di Damian che compare nel finale: un po’ fantasma, un po’ santa, la Santa Maurine di cui il piccolo protagonista chiede conto ai vari santi che incontra.
Se Millions deve possedere anche dei pregi, questi si possono individuare nel modo in cui il lutto dei due bambini viene trattato: spesso la storia corre pericolosamente sull’infido crinale tra tenerezza e struggimento, senza mai tuttavia cadere (eccessivamente) nella stucchevolezza.
Molto piacevole la colonna sonora, aspetto verso il quale Boyle rivolge sempre una particolare attenzione.
A cura di Mario Bonaldi
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