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cultura dell'immagine e della parola

A(f)fondo nel Blu

A(f)fondo nel Blu

Esiste un mondo pressoché sconosciuto che copre la gran parte della superficie del nostro pianeta. Mari, oceani, lagune sono luoghi selvaggi che l’uomo non ha ancora invaso ma che offrono spettacoli straordinari agli occhi dei fortunati che possono raggiungerli. Una troupe di documentaristi della BBC per oltre 5 anni ha compiuto centinaia di ore di immersione tra Isole Falkland, Messico, Antartide, Maldive, Galapagos, Carabi e Polinesia per cercare le immagini più spettacolari in un maestoso ritratto della porzione “blu” del nostro pianeta.

Il progetto di Profondo Blu ha impegnato l’ente televisivo inglese, la BBC, con un ingente dispendio di mezzi e di fondi al fine di produrre un documentario cinematografico ma, vista l’enorme mole di materiale girato, anche una serie televisiva. Appaiono evidenti, visto il successo di numerosi documentari naturalistici come Microcosmos (Microcosmos: Le peuple de l’herbe, Claude Nuridsany e Marie Pérennou, 1996) o Il popolo migratore (Le peuple migrateur, Jacques Perrin, Jacques Cluzaud, Michel Debats, 2001), le motivazioni che hanno spinto la BBC a produrre un lungometraggio di questo genere, ma il progetto solleva molte perplessità. BBC è da sempre sinonimo di garanzia nella produzione documentaristica tanto quanto lo può essere il marchio di National Geographic, ma da sempre ha mantenuto alcune caratteristiche formali strettamente legate ai parametri didattici che imponeva il codice di autodisciplina della stessa BBC. Il paradigma intrattenere/informare/divertire è sempre stato alla base delle produzioni inglesi e anche questo prodotto non riesce a distaccarsi dal modello, lasciando irrisolute alcune scelte effettuate per la produzione finale del documentario.

Ineccepibile il lavoro di ricerca di location e di documentazione degli eventi del mondo animale (alcune scene sono state filmate per la prima volta in assoluto) ma appare piuttosto anacronistico il linguaggio che viene utilizzato. Una voce imperiosa, quella che gli inglesi chiamano “voice of god”, interviene saltuariamente per fornire informazioni più o meno ridondanti, non necessarie in un film che vorrebbe colpire lo spettatore per l’impatto visivo delle immagini, ma in questo è semplice leggere la vocazione didattica della BBC. A contro prova di ciò basti ricordare la totale mancanza di narrazione in Microcosmos, documentario per certi versi contestabile, ma di un innegabile fascino poetico nel suo raccontare per immagini la vita e la morte per come accade nel giardino dietro casa. Profondo Blu perde questa aura di magia proprio per la sua volontà di non abbandonare del tutto lo stile “alla Quark” del documentario classico. Un vero peccato soprattutto per la capacità di suscitare emozioni da parte delle musiche di George Fenton (autore delle musiche di Gandhi – id., Richard Attenborough, 1982 – e Le relazioni pericoloseDangerous Liaisons, Stephen Frears, 1988), scritte come una colonna sonora di un film vero e proprio. Altra piccola pecca a carattere tecnico è la scelta di mantenere il formato cinematografico standard (il 16:9) anche in funzione di possibili sbocchi televisivi del film, senza sottovalutare la difficoltà tecnica di realizzare immagini panoramiche subacquee, che avrebbe fornito un ulteriore elemento di fascino.

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