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Otto e mezzo

Stupore, sorpresa, meraviglia.
Sono solo alcune delle emozioni che si materializzano nella mente dello spettatore che si sintonizza per la prima volta su La7 poco dopo l’ora di cena. E dopo aver controllato un paio di volte l’orologio, non può che domandarsi che cosa stia accadendo.
Assuefatto a tourbillon di luci e pailette, giochi nazional-popolari e tapiri d’oro, La7 rischia di risvegliare dal dormiveglia la mente del bistrattato telespettatore, a cui viene proposto un programma che richiede l’uso della materia grigia e non è indicato ai coach potatoes.

La7, confermando una precisa scelta editoriale, decide di privilegiare l’informazione all’interno del suo palinsesto, cui dedica ben il 23% dell’intera programmazione, regalando allo spettatore uno strumento di riflessione in più, Otto e mezzo (da lunedì a venerdì, ore 20.30).

In studio Giuliano Ferrara e Ritanna Armeni chiacchierando amabilmente con numerosi ospiti, spesso di fama internazionale, affrontano i temi più caldi del momento.
Ferrara e la Armeni incalzano gli ospiti con domande, anche scomode se necessario, senza mai genuflettersi davanti al potente di turno. Vogliono risposte, le vogliono vere, le vogliono brevi. Bene. Le ottengono.
Scordatevi i lunghi monologhi in cui il giornalista si riduce ad asta del microfono o recita un elenco di domande prestabilite; preparatevi piuttosto a cogliere frecciatine e battute sagaci che l’originale coppia è solita scambiarsi. Chi si aspettava che la Armeni soccombesse sotto l’ingombrate personalità, e fisicità, di Ferrara si è dovuto ricredere.

Fanno da cornice al dibattito in studio diversi giornalisti del calibro di Paolo Mieli – direttore del Corriere della Sera – che, in collegamento satellitare, partecipano con una certa regolarità in qualità di esperti e opinionisti riuscendo a tessere analisi lucide e intriganti che si aggiungono al “Punto” di Lanfranco Pace, il filmato iniziale che propone un primo punto di vista allo spettatore.

Otto e mezzo colpisce per il taglio editoriale equilibrato ed equidistante dai colori della politica e per la struttura dialogica che lo caratterizza. Dialoghi che, nonostante la seriosità delle tematiche trattate, si mantengono sempre piacevoli, frizzanti e comprensibili anche ai telespettatori meno smaliziati.
Entrambi i conduttori, politicamente schierati ed ex militanti della politica che conta, riescono a guidare con una discreta obiettività lo spettatore, separando fatti da opinioni, spiegando i termini che possono metterlo in difficoltà. Naturalmente, non c’è spazio per letterine e grandifratelli, relegati nei cosiddetti “salotti buoni” della tv generalista. Quei salotti in cui lo share ha la precedenza, in cui l’ampiezza del target conta più della qualità.

Colpisce anche il posizionamento all’interno del palinsesto del programma. Una collocazione insolita, a cavallo tra il-dopo-telegiornale e il prime time. Il risultato è senza dubbio di qualità anche se come ricorda lo stesso Ferrara il programma è seguito «da pochi intimi». Lo share oscilla infatti fra il 2 e il 3%.
Ciò si spiega con l’intento di La7 di competere con le tv generaliste Rai e Mediaset privilegiando i programmi informativi rispetto a film (14,5% del palinsesto) ed eventi sportivi (1,8%).
Una scelta in buona parte dettata dal budget ma che libera gli autori dalla schiavitù dell’Auditel consentendo di puntare su programmi sperimentali.

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