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Il popolo più felice della terra

Il popolo più felice della terra

Le prime due saghe di Heimat sono note alla comunità dei cinefili come pietre miliari di un territorio ibrido che contamina il cinema e la televisione. Due progetti fiume che sviluppano un racconto da annales degli scorsi decenni attraverso le vicende private di alcuni personaggi-simbolo. Heimat 3 è la cronaca degli eventi che hanno caratterizzato la storia della Germania a partire dal 1989 alla fine dello scorso secolo, dalla caduta del Muro ai festeggiamenti per il nuovo millennio. Heimat in questo modo non è più un’espressione che indica un luogo, ma un simbolo che rappresenta un periodo, un tempo. «Il cinema – ha detto Edgar Reitz – è l’unica forma d’arte in grado di conquistare il tempo, che è sempre sfuggente. Neanche il cinema può fermare il tempo, ma ne può parlare. Il cinema può essere l’Heimat».

9 Novembre 1989, la sera della caduta del muro. Hermann e Clarissa si ritrovano nel foyer di un grande albergo di Berlino Ovest dopo diciassette anni di separazione. Torneranno insieme perseguendo il sogno di restaurare una vecchia casa vicino al Reno. Il rudere sembra non essere in grado di resistere, le fondamenta sono troppo instabili, ma grazie all’intervento tempestivo di un operaio della ex Germania Est riusciranno a gettare nuove fondamenta per costruire una casa che duri nel tempo, sfidando anche il militarismo di una base Usa situata nei dintorni.

Superate le notevoli difficoltà di pre-produzione, per cui è stato necessario ottenere i fondi per sei film contemporaneamente, Reitz porta avanti il suo progetto di monumentale affresco storico raccontato attraverso le vite di persone comuni. Il primo film della serie, i successivi usciranno a cadenza di ogni due settimane, offre un metaforico confronto con la ricostruzione e la rinascita a nuova vita che le due Germanie hanno affrontato sul finire degli anni Ottanta. Hermann e Clarissa rappresentano le anime diverse dei due popoli che dopo la separazione tornano a condividere il progetto della casa/patria (heimat), vecchia e apparentemente appoggiata su fondamenta poco salde (il passato nazista) ma che l’ingegno e la collaborazione (l’operaio dell’Est) rinsaldano, per poter durare nel futuro di quiete e pace, nonostante l’incombente minaccia della base militare (evidente evocazione del militarismo Usa ancora oggi d’attualità). Le metafore sono decisamente semplici da leggere e decifrare, ma la narrazione è fluida e la Storia (quella con la “s” maiuscola) non risulta noiosa come in libro di scuola.

In Italia solo Marco Tullio Giordana con La Meglio Gioventù ha osato proporre un’idea cinematografica analoga, riuscendo solo in parte a bissare il valore artistico/fluviale di Heimat, che a tutto diritto può essere considerata una delle opere più lucidamente folli che sia mai stata proiettata su uno schermo cinematografico.

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