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Danza balcanica su note shakesperiane

Danza balcanica su note shakesperiane

Luka. Sabaha. Milos. Loro sono i tre vertici attorno ai quali si snoda l’ennesima danza gitana di Kusturica. La triade è giostrata attraverso meccanismi shakespiriani: Luka fronteggia il dilemma amletico nella costrizione della scelta tra Sabaha, sua prigioniera di cui cade in una inerme infatuazione, e il figlio Milos, il quale, anch’esso fatto prigioniero, deve essere scambiato proprio con Sabaha. Lo stesso rapporto tra Luka e Sabaha può essere letto come una trasposizione balcanica del dramma di Romeo e Giulietta (termini con i quali vengono indicati da due guerriglieri nel film): i due appartengono a paesi in conflitto tra loro e proprio tale predestinazione si rivelerà ineluttabile.

L’intera diegesi prende avvio a causa del conflitto. Se i primi quarantacinque minuti vengono utilizzati da Kusturica per tratteggiare i personaggi (emblematico quello di Luka nella sua impassibile cecità di fronte agli sconvolgimenti politici), è lo scoppio della guerra a dare vita agli eventi. Lo scontro sembra installarsi in una sorta di profondità di campo, di cui è impossibile non parlarne (oltre che essere di centralità vitale, come già sottolineato, per lo sviluppo narrativo), senza mai comunque invadere il campo diegetico/visivo.
Ciò che si evince da quest’opera cinematografica è proprio la prospettiva unificante degli aspetti contenutistici e di quelli espressivi (visivi): Kusturica guarda la vita come una mirevole sinusoide, caratterizzata da movimenti armonici, e la storia che ci racconta è un continuum di positività e tragicità, come d’altronde il genere che egli qui (e in molti altri precedenti) utilizza. Il brusco passaggio dalla commedia alla drammaticità degli eventi è parallelo nei movimenti di macchina, talora sinuosi per interrogare i suoi personaggi (o per accompagnarli in visioni oniriche su letti volanti), talvolta punteggiati da incontrollabili camere a mano, a segnare la perenne incombenza dei bombardamenti.

Un generale dice a Luka che la morte è facile, mentre è la vita ad essere difficile. Kusturica sembra dover fare i conti proprio con tale difficoltà. La difficoltà di continuare a catturarci con il suo cinema danzante (ennesima testimonianza della sua vicinanza al cinema di Fellini). In quest’ultima opera, per quanto ben calibrata, sembra mancare quel ritmo che rende il regista inconfondibile, che travolge lo spettatore in una disarmante visione. Non mancano comunque le trovate visive (il letto in volo) come non mancano quelle contenutistiche (l’asino in lacrime che vuole suicidarsi), a esprimere come anche un non capolavoro possa essere venato di piccoli miracoli.

Curiosità
Il regista ha dichiarato di aver voluto affidare la parte del capitano Aleksic al figlio Stribor per far notare come gli ufficiali serbi possiedano anche sentimenti umani.
Le musiche sono state scritte da Kusturica stesso insieme all’amico Dejan Sparavalo, suo compagno nella No Smoking Orchestra, band nella quale milita anche il figlio Stribor.

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