hideout

cultura dell'immagine e della parola

Doves – Black and white town

Artista: Doves
Brano: Black and white town
Album: Some Cities
Regista: Lynne Ramsay
Anno: 2005

Stupefacente scoprire macchie di grigio in una cittadina in bianco & nero. Stupefacente poter vedere le immagini fotografiche, trasformate in fotogramma, sviluppate in un’ultima corsa. Un piccolo strumento per rimanere senza fiato.

Non c’è più gioia in questa Inghilterra gonfiata di laburisti e bambini che indossano solo tute Adidas da ricordo anni novanta Take That, usate, sfilacciate, coperte da madonne e da pensieri sulla boxe, pensieri che entrano negli occhi di ogni bambino e l’immagine della working class made in Liverpool si disegna tra i carrelli rubati e senza moneta.
La boxe, eterna deificazione di tutto (ma vi prego non di violenza), si trasforma, ahimè, in pura violenza della carne e del riscatto e distrugge ogni senso, ogni rituale.
Ecco perché la Madonna è nel carrello, il bacio è – sono solo – e si trasforma in tutt’altro, in amore saffico, – è l’unica risposta – i suoi occhi dicono così, gli occhi della bionda.
Brutto carattere, lei. Quei bambini pugili non sanno fare altro che stare soli, e si baciano da soli, con le loro tute sudate di tempo passato a correre.

È tutta una premessa, che incomincia ma non ha un inizio vero. Il video dei Doves non finisce mai. Lo si sente dagli sguardi persi e finti, sempre attaccati allo schermo. Gli occhi si incollano fermi alla luce rossa della camera.
È una premessa falsa, non dice niente.
È meravigliosa, perché non dice niente.

In quella fissità c’è solo gratuità visiva. Si incomincia a percepire il lamento degli agnellini.

Una serie consequenziale di quadri viventi, che rallentano o vivificano lo spazio intorno: c’è un tempo per correre, per vedere correre, e c’è un tempo per fissare le cose, e cercare di ridisegnarle.
Il regista sceglie di prendersela con:
- i segni di vita di una perversa Natura, gli uccelli, il suolo bagnato, le erbacce che ci superano in età.
- i segni dell’etnia, i segni sociologici, la messa in scena dei corpi non riconoscibili nel cantante (chi canta? Uno strillone sulla strada che vende degrado?), ma in un simbolo generazionale.
- i segni del sesso. Lei prova a stuzzicare la propria vita per credere.

Gli si dice, “try to find your way in this world”: ad ognuno il libero arbitrio. I fuochi d’artificio sono una soluzione, il calcio è una soluzione, “crack your head on that pavement” è una soluzione.
La soluzione del regista è di lasciare ai nostri occhi un pensiero di fuga da tutto questo, cancellando la fissità delle cose, per ricostruire una vi(t)a lontana da tutto questo. Sfido a non percepire destino di morte in tutte queste immagini. È meraviglioso. È stupefacente.

Guarda il video

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento!

«

»