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La rivoluzione negli occhi

La rivoluzione negli occhi


Che in tempi di dittature gli studenti si riuniscano in congreghe rivoluzionarie più o meno efficaci e credibili, non è una novità. Che la letteratura sudamericana abbia spesso per protagonisti variopinti e spassosi omosessuali, neppure. Quello che invece meraviglia di questo libro, è il rendersi conto di come uno scrittore attivista del movimento gay ed esponente della sinistra radicale sia riuscito a sopravvivere nel Cile di Pinochet e a narrare le vicende del proprio paese attraverso le tappe della storia d’amore tra la Fata dell’Angolo, travestito dalle mani incantate che volano «ricamando lenzuola per la gente ricca, con rose senza spine» e Carlos, il giovane affascinante «macho marxista» che lei nasconde in casa, fingendo di ignorare le sue attività terroristiche.

La Fata dell’angolo viveva tranquilla nel suo mondo di pizzi e trine e solitudine, e Carlos sguazzava nella sua gioventù partigiana, quando si sono incontrati e hanno iniziato ad amarsi. Tra un ricamo e l’altro, tra una riunione clandestina e l’altra, senza vergogna, semplicemente sovvertendo il normale ordine delle cose e dando inizio a un nuovo universo privato in cui, anche a una coppia di omosessuali, è permesso fare picnic all’aperto in assoluta libertà e sentirsi protagonisti delle canzoni d’amore che passano in radio. Perché la rivoluzione parte da li, prima che dalle bombe e dai complotti; da quanto di se stessi si è disposti a mettere a rischio davanti al mondo.

Carlos e la Fata vivono in attesa di nulla: entrambe sanno che dovranno separarsi, ma è un pensiero lontano come l’orizzonte, che non ferma il loro ingenuo amore sopra le righe. Non hanno paura di niente, perché «Siamo un sogno impossibile che cerca la notte», «Hai ragione, però noi non cerchiamo la notte, ma il giorno, l’alba dopo la lunga oscurità in cui sta vivendo questo paese.»

Contro quest’ immagine di spudorata bellezza e coraggio, la figura di Pinochet, recluso nelle sue residenze blindate e ossessionato da una moglie pusillanime, si piega su se stessa ed è perdente senza bisogno di nessun attentato dinamitardo: Lemebel ci ricorda che più che nella cieca abnegazione a un modello e a una teoria politica, l’utopia sta nel credere che, tra un impunito dittatore circondato dal lusso materiale e da illimitati privilegi e una coppia di squinternati amanti con in mano niente se non i pomeriggi d’amore, i vincenti siano proprio loro, i coraggiosi che cercano il giorno e non si sentono messi alla berlina da nulla, inflessibili davanti alla paura, una canzone sempre sulle labbra, nonostante tutto. Perché, ammesso e non concesso che la storia la facciano i grandi, l’anima salva ce l’hanno loro, quelli che sono rimasti fedeli a se stessi e hanno capito che la rivoluzione e la libertà iniziano quando si mette in dubbio il confine tra reale e impossibile, e a rischio di se stessi si parte alla ricerca di un fantomatico giorno che, alla fine della notte, deve pur esserci.

Pedro Lemebel, nato a Santiago del Cile, alterna l’attività di scrittore a quella di fotografo, cineasta, attivista del movimento gay.

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