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Angels in America

Passato/presente
I titoli di testa sono un volo d’angelo sopra l’America, che dall’alto sembra svuotata di presenze umane e riempita solamente dalle strutture architettoniche. Ultime impronte dell’umanità: il Golden Gate, il tempio mormone a Salt Lake City, il Gateway Arch di St. Louis, Chicago con la John Hancock Tower, per arrivare a New York (Torri gemlle) dove l’occhio dell’angelo plana a Central Park accanto al volto di un suo simulacro di ferro, l’Angelo dell’acqua.

Così inizia Angels in America, ambientato nella New York reganiana del 1985. La storia si raccoglie attorno a due coppie: Prior e Louis, amanti da quattro anni, il primo malato di AIDS viene lasciato perché per il compagno è troppo doloroso vederne la sofferenza e il deterioramento fisico. Poi ci sono Joe e Harper, coppia mormone in crisi da sempre a causa dell’omosessualità del marito, che ha sempre cercato di soffocare la sua vera natura. Ciascuna coppia si apre, si spacca per lasciar entrate terze persone: Belize, infermiere omosessuale, si prende cura di Prior, l’avvocato diabolico Roy Chon cerca di prendersi cura di Joe allontanandolo dalla moglie, proponendogli di lavorare nel suo mondo corrotto e repubblicano. Uomini e donne si perdono, ma continuano a sfiorarsi tendendo sempre più le fila del destino: Joe diventa l’amante di Louis, Prior e Harper si incontrano nello spazio onirico del loro dolore, la madre di Joe, Hanna, conosce Prior e ne diventa amica, Belize, suo malgrado, si ritrova a fare da infermiere a Roy, anch’esso malato di AIDS.

Mondo complesso, mondo passato: è il 1985, tra i personaggi serpeggia una paura catastrofica da fine millennio, il mondo stesso cerca di dividersi tra cattivi che sono eterosessuali, potenti e repubblicani, e buoni che sono poveri, omosessuali, mormoni e democratici. Ma i muri non tengono e la complessità umana spacca le certezze di tutti e dall’alto, con frastuono e distruzione, cala l’Angelo, che profetizza la rivoluzione: Dio ha abbandonato il Paradiso, precisamente nel 1906, l’anno del terremoto a San Francisco, a causa dell’incessante movimento inscritto nell’uomo. Egli ha lasciato i suoi angeli per seguire lo stesso movimento dell’uomo, causando così il malcontento degli alati messaggeri, che pretendono per l’umanità un regime di immobilità, la fine di ogni progresso.
Non esistono cattivi, non esistono buoni, nemmeno gli angeli sono asessuati, nemmeno loro sono solo angelici, ma anche terribili e potenti. E il nuovo profeta scelto è un omosessuale, Prior, condannato alla morte dal morbo dell’AIDS, che Belize, in uno dei grandi dialoghi della miniserie, descrive come “ virus repubblicano”.

Religione, tanta politica che si mischia al sesso, potere e paura. Queste sono le punte che colpiscono alla visione di Angels in America, dove il 1985 diventa terribilmente simile al nostro tempo contemporaneo: nella nostra storia la paura da fine millennio diventa quell’ossessione dell’Apocalisse che dall’11 settembre è diventata la patina del quotidiano. Nulla più è innocente e nulla più può essere manicheo e facilmente riconoscibile come nelle favole. Harper affacciata da un tetto di Brooklyn osserva lo skyline di Manhattan, completo dei torrioni abbattuti, dicendo quanto quella vista nuvolosa le faccia pensare alla fine del mondo. E noi, che in quello skyline scorgiamo qualcosa di anomalo, la presenza delle tue torri del World Trade Center, sentiamo come la corruzione della politica e della sua moralità, la confusone antidemocratica di uno dei paesi più potenti dell’occidente, l’incombere della punizione divina nei confronti di un mondo violento e violentato siano terribilmente contemporanee, che forse un grande errore sia stato quello di non volersi fermare per far ritornare Dio al suo Paradiso.

Gli angeli in America sono esseri che tentano di disegnare l’idea di come sarà il mondo domani, ma ora, citando una battuta di Belize, se si vuole capire cos’è l’America bisogna entrare i un ospedale: “l’America è un malato di AIDS allo stadio terminale.”

Vero/finto
Il gioco tra l’onirismo allucinato e la concretezza della realtà è una base fondante di tutto il racconto. Gli stati alterati in cui Harper si trova a causa del gran numero di pastiglie di Valium che ingerisce si mischiano con tale omogeneità alla verità quotidiana da non poter più oggettivamente separare i due campi di percezione. La figura demoniaca che le appare, Mr. Bugia, è il dipendente della compagnia aerea che aveva venduto a lei e al marito Joe il biglietto da Salt Lake per New York. Un veicolo di movimento dunque, che ancora l’accompagna nei suoi pellegrinaggi ossessivi della mente. Come nella migliore tradizione teatrale, l’attore che interpreta Mr. Bugia è lo stesso Belize, uno dei personaggi più positivi della storia.
L’ambiguità si inserisce anche nelle scelte strutturali di regia e di recitazione: Emma Thompson è sia l’Angelo annunciatore della grande impresa, che la barbona, che per strada predice la fine del mondo, che l’infermiera di Prior, silenziosa e gentile, semplicemente rassegnata di fronte all’immagine della morte. Meryl Streep è la madre di Joe, Hanna, donna ferma e dalla grande fede, ma comprensiva e tollerante, impersona anche il rabbino, proprio nel primo episodio, il quale dichiara agli ebrei che presiedono al funerale di una parente, che l’america non appartiene a loro, che essi non sono cittadini americani, ma appartenenti alle zone dell’est europeo da dove erano emigrati generazioni prima. Quel movimento, ancora, che viene condannato dagli angeli e incensato dagli uomini. E ancora l’attrice si trasforma anch’essa in un demonio, un essere venuto dal regno dei morti che tormenta Al Pacino/Roy Cohn quella Ethel Rosemberg condannata a morte nel 1953 per spionaggio anche grazie all’impegno forense di Cohn. E ancora, in rapporto alla realtà e alla finzione, Al Pacino interpreta un personaggio realmente esistito: Roy Marcus Cohn era un giovane magistrato quando riuscì a far condannare [img4]a morte Julius e Ethel Rosemberg, il che gli fece guadagnare la stima di Hoover, capo dell’FBI. Divenne consigliere legale di McCarthy e quando scoprì di essere malato di AIDS nel 1985, si adoperò per mantenere la finzione del buon repubblicano arci conservatore.

Il mondo più vero è quello in cui si incontrano Prior e Harper: un momento contemporaneo di dolore e alterazione che li getta direttamente nelle loro coscienze. Questo mondo di candelabri e sete è il medesimo di un film di Jean Cocteau, La bella e la bestia. In questo mondo che è tutto cinematografico si incontrano due estranei con un’alterazione fantastica della logica del sogno e dell’allucinazione: com’è possibile che si incontrino nella mente due perfetti sconosciuti? Accade del sogno del cinema, e addirittura entrambi agiscono su di loro portando delle conseguenze nella loro vita reale. E attraverso un’opera di finzione com’è Angels in America gli uomini, dentro e fuori il racconto, cercano di trovare la loro rinascita, o per lo meno di allontanare il momento inevitabile dell’Apocalisse.

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