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cultura dell'immagine e della parola

Bello da far paura

Autore: Tiziano Sclavi
Casa editrice: Bonelli Editore
Anno: 1986, in prosecuzione

Il fenomeno
Dylan Dog esordì nelle edicole italiane nel 1986: all’epoca si presentava come il primo volume targato Bonelli dedicato al genere horror e, tra sussurri e indiscrezioni, c’era chi storceva il naso all’idea e chi invece non stava più nella pelle per l’attesa. Quel che è certo, dopo più di duecento numeri pubblicati, quattro collane di ristampe a lui dedicate e un merchandising che comprende film, libri, magliette e portachiavi, è che l’indagatore dell’incubo ha saputo conquistarsi un ruolo di prim’ordine presso il pubblico dei fumettofili italiani, arrivando ad occupare un posto di tutto rilievo nel panorama a vignette del Paese. Anzi, si può osare di più: si può arrivare a dire che Dylan Dog è il fumetto cult degli ultimi vent’anni; e questa, ormai, è un’evidenza. O meglio, una realtà.

Le ragioni di un successo
Negli stessi anni in cui Dylan fece la sua comparsa nelle edicole, vi fu una vera e propria esplosione di produzioni cartacee improntate all’ horror, che proponevano sulle loro pagine i tipici elementi splatter del cinema del terrore: mostri, donne nude e fiumi di sangue. Era la “moda della paura”, e il fumetto della Bonelli sembrava soltanto uno dei tanti esponenti (anche se il migliore) di un filone estemporaneo, destinato ad estinguersi nell’arco di qualche tempo. In parte, i critici avevano ragione: di lì a poco la maggior parte di quei volumi scomparve dal mercato, vittima di una caratterizzazione piuttosto piatta, incentrata solo ed esclusivamente sugli aspetti più superficiali sopraccitati. Il bel giovanotto di Londra, invece, continuò imperterrito a imperversare nelle nostre fumetterie, creando attorno a sé una vera e propria schiera di appassionati e allargando sempre più la sua fascia d’utenza. Il successo fu tale da permettere alla testata di superare i dati di vendita del padre putativo Tex, trasformandola nel titolo di testa sul mercato della Bonelli. Da allora a oggi la fama dell’indagatore dell’incubo è andata aumentando, tanto che alle sue avventure sono mensilmente dedicati un numero inedito più quattro volumi di ristampe, senza contare gli Speciali e gli Albi Giganti. Il segreto di tanto successo risiede per lo più nelle componenti di significato che utilizzano la violenza visiva solo come un mezzo per veicolare messaggi più profondi, legati ai grandi archetipi della psiche umana; i due grandi poli di attrazione/repulsione attorno ai quali si articolano le dinamiche comportamentali dei personaggi a vignette, che si fanno specchio delle verità della vita reale: la morte e l’amore. Eros e Thanatos. Due elementi che si spandono sfiorando il parossismo, intrecciandosi fino a confondersi tra loro e giungendo, a volte, a scambiarsi i ruoli. Due spiriti capaci di apparire così simili da non riuscire più a distinguerli. Due facce della stessa medaglia, o due anime dello stesso corpo, che finiscono per permeare ogni aspetto della vita umana, attraverso la commistione di felicità e dolore. Ed è facendosi simbolo, che le storie dell’”indagatore dell’incubo” e del suo assistente Groucho riescono a coinvolgere il lettore, a suscitare il suo interesse e, soprattutto, a scatenare le sue emozioni. In tutti questi anni, Dylan Dog è riuscito a trasmettere sensazioni di pathos ed ethos tali da suscitare il riso e il pianto di milioni di fruitori, tanto da scalare la vetta delle classifiche di vendita dell’industria editoriale e di rimanere là in cima per molto, molto tempo, a guardare tutti dall’alto in basso.

L’autore
Il merito di tutto ciò è frutto del lavoro di numerosi artisti italiani; impossibile citare qui tutti gli sceneggiatori e i disegnatori che hanno contribuito e contribuiscono tutt’ora a rendere grande questo fumetto. In molti, infatti, hanno donato al pubblico italiano la loro personale interpretazione dell’indagatore di Craven Road, sottolineandone un particolare lato caratteriale; facendoci conoscere a fondo quest’uomo finzionale dalla personalità complessa e multisfaccettata; o donando con il loro tratto un’atmosfera particolare alle strade di Londra e dintorni per meglio rendere conto dei drammi e delle disavventure che il protagonista era costretto ad affrontare. Ma è indubbio che nulla di tutto questo sarebbe stato possibile senza l’originale mente creativa e poetica di Tiziano Sclavi. Scrittore, sceneggiatore e grande visionario, il papà di Dylan è nato a Broni, in provincia di Pavia, nel 1953. Ha ideato e tenuto a battesimo il protagonista di questo fumetto riuscendo a infondergli un’inconfondibile vena noir condita di agghiacciante umorismo, denunciando i mali e gli incubi della vita senza mai scadere nell’ipocrisia o, peggio, nella banalità. Mascherando le sue invettive dietro a mostri terrificanti, trasfigurando la superficie dei problemi senza intaccare il cuore delle questioni prese in esame, è riuscito a utilizzare il suo genere preferito, l’ horror, per raccontare le magagne della nostra società e le inquietudini del nostro mondo. Difficile trovare le parole per descrivere la profondità emotiva di questo personaggio così schivo e riservato; forse, allora, è meglio che sia lui a farlo. In una delle rare occasioni in cui l’autore si è mostrato a viso scoperto al pubblico, parlando si sé si definì così: “Io sono il foglio di carta sulla strada che a ogni soffio di macchina o di camion si erge e grida credendosi una spada; io sono quel foglio di carta e niente più”.
Buona notte a tutti. E incubi d’oro.

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