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Il volenteroso carnefice degli Usa

Il volenteroso carnefice degli Usa

L’evoluzione dell’analisi storica del Terzo Reich ha fatto sì che si superasse l’idea di un impero tedesco costruito all’ombra di poche sataniche persone: Hitler, Goebbels, Göring, Himmler, Hess, Speer e Dönitz. Lo studioso americano Daniel Jonah Goldhagen ha, infatti, riportato alla luce il ruolo svolto dalla gente comune nell’olocausto nel libro I volenterosi carnefici di Hitler (Mondadori, Milano, 1997).
Questa premessa ci sembra importante per affrontare la storia di Freud Leuchter, l’ingegnere esperto in sistemi di morte, diventato consulente di molti stati americani e massima autorità nel suo campo. In lui riconosciamo la figura dell’anonimo burocrate tedesco che negli anni del Reich portava avanti il suo compito con zelo, incurante del sistema in cui prestava il suo lavoro. Possiamo definire Leuchter nazionalsocialista non per i suoi legami, comunque poco chiari, con il neonazismo risorto negli ultimi anni, ma per lo spirito, a tratti anche fin troppo entusiasta, con cui accetta di compiere il suo ruolo di eliminatore. Parlando del sistema dei campi di concentramento hitleriani, Goldhagen arriva alla conclusione che «chiunque lavorò all’interno di una struttura che faceva parte di quel sistema di coercizione brutale e micidiale, sistema il cui vertice era costituito dalle strutture direttamente coinvolte nell’eccidio, vada considerato un realizzatore del genocidio, perché sapeva che la sua azione era funzionale a quel risultato» (Goldhagen D.J., op. cit., p. 176). Allo stesso modo Leuhter è il protagonista del sistema di pena di morte americano. Il suo coinvolgimento con il neonazista canadese Ernest Zündel non ci sembra l’episodio discriminante della sua vita, quanto una sorta di conseguenza “naturale” del suo spirito. In questo senso, Paolo Mereghetti nota: «La meticolosità asettica di Leuchter, il suo razionalismo astratto, le sue giustificazioni “umanitarie”, la sua mancanza di qualsiasi prospettiva o dubbio morale portano inevitabilmente agli orrori che nutrono revisionismo e neonazismo» (Mereghetti P., Il Mereghetti. Dizionario dei film 2004, Baldini Castaldi Dalai, Milano, 2003, p. 1519).
Il regista e sceneggiatore Errol Morris racconta una storia dalle chiavi di lettura che vanno, quindi, ben oltre la realtà americana e la curiosità quasi morbosa di vedere un boia all’opera. L’oggetto d’analisi Leuchter è trattato nella prima parte come un insetto sotto il microscopio: è totalmente libero di illustrare tutto il suo credo e lavoro, tanto da essere quasi divertito nel farlo, ma è ingenuamente inconsapevole del fatto che tutti lo guardano ed esprimono un giudizio sul suo comportamento. La pellicola cambia registro nel momento in cui segue gli “studi” compiuti da Leuchter ad Auschwitz, montati in alternanza con interviste, scene dal processo e immagini d’epoca. Diventa evidente che Morris non tratta la storia come un normale documentario, ma ricorre a uno stile da fiction sia nella stesura della sceneggiatura che nelle scelte fotografiche.

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