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Il cinema atomico

Il cinema atomico

Secondo lo storico del cinema Marc Ferro, a partire dagli anni Sessanta gli studiosi hanno cominciato a riconoscere nel film un possibile documento d’analisi o, in molti casi, di contro-analisi storica. All’indomani del voto americano, che ha legittimato il secondo mandato alla Casa Bianca per George W. Bush, si è imposto l’argomento di discussione se il cinema sia o meno in grado di avere un peso nella storia. La domanda è sorta in relazione al documentario Fahrenheit 9/11 di Michael Moore, osannato prima del voto e stroncato a scrutinio effettuato per la “colpa” di non essere riuscito a influire sulle elezioni.
Recentemente anche il critico Morando Morandini ha affrontato la questione (Film Tv, anno 12, n°47), riportando una frase di Ken Loach secondo il quale «se il cinema potesse cambiare il mondo, sarebbe per renderlo ancora più minaccioso».
Nel 1982 Jayne Loder, Kevin e Pierce Rafferty hanno realizzato The Atomic Café, un documentario di controinformazione per testimoniare che negli Stati Uniti è esistito un cinema che aveva l’intento dichiarato di rappresentare il mondo più minaccioso.
Il loro lavoro di ricerca, svolto negli archivi delle case di produzione, delle reti televisive e delle diverse forze dell’ordine, ha portato alla realizzazione di un’opera capace di svelare i meccanismi con cui il popolo americano è stato manipolato, spaventato, e portato non solo ad accettare la bomba atomica, ma ad amarla.
The Atomic Café ha la forza di parlare direttamente allo spettatore senza una codificazione predeterminata, ma riportando i filmati così com’erano pensati e presentati al pubblico. Gli intenti principali della propaganda erano quelli di creare un clima di paura verso l’esterno (il blocco comunista che in ogni momento poteva invadere gli Usa), far passare la bomba atomica per il deterrente capace di salvare la vita a tutti (un vero “dono di Dio”) e suscitare il terrore anche verso l’interno con il fine di stroncare ogni opposizione (la caccia alle spie comuniste).
Nell’ambito delle comunicazioni di massa, il ruolo d’agente della storia ricoperto da quel tipo di cinema tra gli anni Quaranta e Sessanta, oggi è passato nelle mani della televisione. La testimonianza ci viene offerta da un altro documentario, quel Bowling a Columbine con cui Michael Moore ha analizzato l’insana passione del popolo americano per le armi. Non c’è dubbio che questo si leghi direttamente all’accettazione incondizionata della bomba atomica come un simbolico passaggio di consegne.
Il confronto a distanza tra le dichiarazioni di Truman e quelle di Bush palesa come lo studio della storia, anche tramite il mezzo cinematografico, non sia stato sufficiente a costruire un mondo diverso.

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