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Una promessa in fondo alla felicità

Una promessa in fondo alla felicità

Una commedia leggermente drammatica ed è proprio questa l’essenza unica e speciale dell’opera di Marie-Anne Chazel, come ben esprime il sottotitolo del film.
La leggerezza, si sa, è da sempre una delle qualità preferite del cinema, anche se in molti casi il suo valore rischia di perdersi a causa della mediocrità degli autori che cercano di forgiarla. La leggerezza va preservata con un tono spiritoso e, allo stesso tempo, umile, così che non sprofondi nella banalità – occorre garantirla con una caratterizzazione briosa e semplice dei personaggi che vi recitano, in modo che la loro visibilità non gonfi troppo il senso dell’azione. E soprattutto per essere tale, deve anche compenetrare – in maniera sapiente e non esagerata – in registri stilistici diversi affinché si garantisca la sua continua originalità e si disinfetti il rischio di prevedibilità che la circonda.
Il club delle promesse, sebbene non alla perfezione, riesce ad essere sempre umilmente leggero (e drammatico). Merito della regista, che di commedia se ne intende, ma, appunto, come si accennava prima, anche degli attori che riescono a offrirci delle performance intelligenti, che con abilità fanno sorridere e non annoiano quasi mai. Nonostante ciò, è vero comunque che il film, durante il suo corso, un po’ si affatichi per questo doppio tono da condurre e finisca per perderne in forza, soprattutto da un punto di vista narrativo, dove talvolta si registrano passaggi evanescenti e un po’ melliflui, con intensità (e leggerezza…) declinante.

Tuttavia, con un appiglio mordace e la sorprendente spontaneità della modalità di racconto tipico del cinema francese (François Truffaut docet) il film riesce a recuperare e a colpirci. Il valore di un brindisi alla vita, attraverso la fede in un patto d’amicizia pregno d’amore, è il successo della rarità di una promessa da mantenere, e poi mantenuta, così potente nel suo promettersi, così fragile nel suo realizzarsi, che da sola arriva lì dove più i sentieri della speranza non sono. La crisi dell’equilibrio – proprio come accade secondo il modello della favola di Propp –viene ristabilito in maniera perfetta dopo il percorso catartico dei personaggi – e nella purezza di questa ricomposizione, non puramente linguistica (un film sì leggero, ma non troppo), ma sicuramente narrativa, si riscopre dove anche il cinema può e riesce ad arrivare.
Perché solo il cinema con la magia di storie qualunque – storie proprio come quelle di Katy, Tara, Yann – ci sa lasciare a bocca aperta e con lo stupore di un viso solcato dal sorriso di una lacrima in una commedia leggermente drammatica. Come questa.

Curiosità

La pellicola è tratta dal libro Le Club de la Dernière Chance di Marian Keyes (ed. Belfond) e la stessa regista Marie-Anne Chazel – al suo debutto dietro la macchina da presa, dopo tante esperienze teatrali – ha curato personalmente la sceneggiatura insieme allo scrittore Benjamin Legrand. Un altro debutto è quello di Giovanna Mezzogiorno, alla sua prima interpretazione in un film francese.

• Intervista a Giovanna Mezzogiorno

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