hideout

cultura dell'immagine e della parola

Una famiglia americana

Una famiglia americana

David Grieco, in occasione dell’uscita del suo film Evilenko (Evilenko, Grieco, 2004), ha spiegato come il grande aumento della violenza contro i bambini sia il riflesso di una disgregazione sociale (in quel caso del vecchio blocco sovietico). Data la costante crescita di crimini sui minori negli ultimi vent’anni negli Stati Uniti, possiamo considerare ugualmente emblematico il caso dei Friedmans, che ha visto come protagonista una famiglia ebrea del ricco sobborgo di Long Island. Quel che rende unica la loro vicenda è, però, la presenza di un vasto repertorio di materiale home video realizzato dagli stessi famigliari prima, durante e a conclusione del processo. Andrew Jarecki, giunto a conoscenza dei filmati, li ha visionati e montati con interviste ai protagonisti, realizzando il suo documentario, lungometraggio d’esordio, dal titolo originale Capturing the Friedmans.

L’aspetto originale del racconto è quello di non mostrare i colpevoli nella loro solitudine (mostri isolati, chiusi nelle loro patologie), ma di aprire lo sguardo verso tutta la famiglia, divisa tra il bisogno di fiducia e il ragionevole dubbio. La narrazione si snoda a partire dal crollo iniziale del mondo dei Friedmans e attraversa tutte le fasi dell’indagine, dall’incapacità della moglie di credere al marito all’unione inattaccabile tra i quattro fratelli.
L’esposizione fredda e oggettiva dei fatti può richiamare l’estetica dell’inchiesta, ma il lavoro di Jarecki diventa affascinante proprio nel suo annullarsi in favore di punti di vista in costante e irrisolta opposizione. Un’innocenza o colpevolezza certa avrebbe consolato lo spettatore, ma l’impossibilità di risposta espressa dai membri della famiglia esclude ogni conclusione morale.

Una storia americana trova un particolare interesse se analizzata nel confronto con il linguaggio con cui il cinema di fiction rappresenta situazioni limite analoghe. L’autenticità congenita e perturbante dei filmati domestici di questo documentario rivela una realtà nuda, spesso mistificata dal processo di messa in scena. Il risultato è che l’ultima notte di libertà vissuta da Edward Norton ne La 25° ora (25th hour, Spike Lee, 2002) non potrà mai essere psicologicamente scioccante come i momenti in cui Jesse scherza con la telecamera mentre si reca a scontare la sua condanna; semplicemente perché sappiamo che sta accadendo realmente. Questo vale per tutte le scene di tensione domestica e per l’ambigua figura di Arnold Friedman, semplice e inquietante come pochi “mostri” del grande schermo.

Meno convincente ci sembra, invece, la lettura dell’opera di Jarecki come possibile specchio della società americana, come suggerito dalla scelta del titolo italiano. Da un punto di vista sociologico è mostrato l’atteggiamento contraddittorio della giustizia negli Stati Uniti in un periodo di caccia alle streghe, ma, più di tutto, ad imporsi è la difficoltà di ogni individuo, coinvolto o meno, nell’ affrontare il tema della violenza sui minori.

Filmografia:

• Just a Clown (2004)
• Capturing the Friedmans (2003)

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento!

«

»