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cultura dell'immagine e della parola

Walkie Talkie Man – Steriograms

Titolo Brano: Walkie Talkie Man
Artista: Steriograms
Album: Schmack
Regista: Michel Gondry
Uscita: 2004

Cos’è successo alla leggendaria maglia di lana colorata a righe orizzontali di Michel Gondry? L’hanno presa, sfilacciata raggomitolata e rifatta tutta ai ferri quei pazzi rockpunkettari neozelandesi degli Steriograms.
Il regista francese, eterno dodicenne nella fantasia, realizza un video che solo la creatività incontaminata, pura e imprevedibile di un bambino poteva concepire.

Lo spunto è geniale. Gondry concede agli Steriograms di indossare la sua maglia di lana. Un gesto d’amore nei confronti della loro musica. Li lascia strimpellare un po’ la chitarra e aspetta che il pestifero dodicenne dentro di lui ne inventi un’altra delle sue. Come per noi un giocattolo, ad esempio la macchinina, poteva essere tutto: una spider per Big Jim, una sfondamuri di Gijoe o la nave spaziale di He-man, per il regista imberbe di Versailes, la sua maglia di lana è il foglio su cui tessere mille storie fantastiche: schizzi d’avventura, personaggi fatti di feltro e cotone, musica intrecciata e cucita con l’immagine fino a diventare viva. Ne esce una matassa tutta da rimodellare, frullare, ricucire e dipanare in forme nuove, in creature vive, in King Kong pericolosissimi fatti di note e magia.

Tutto si svolge in una sala di registrazione. Gli Steriograms stanno per suonare il loro pezzo. La troupe di Gondry, interpretata da una banda di bambini col pallino per il cucito, la forbice e il bricolage, sta preparando tutto per la registrazione. Quando d’un tratto la musica si fa materia, filamento che serpeggia nell’aria, esce in città, più spesso e colorato dei fili dell’alta tensione. Finisce nelle bobine dei registratori, catturato da cineprese e infine stregato e trasformato da uno strano marchingegno simile a un filatoio. Un sistema d’ingranaggi, rotelle, che simboleggia il motorino linguistico di Gondry, il suo discorso estetico, la scheggia impazzita del suo fare videoclip, la sua arte impura, virginale nel suo essere bambino eppure sempre contaminata, multiforme, stratificata e maledettamente geniale nella messinscena visiva.

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