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Una sfida solo all’inizio?

Una sfida solo all’inizio?

L’antefatto
Gli appassionati del genere di fantascienza sanno benissimo che l’avvincente duello tra Alien e Predator era stato già veicolato, a partire dagli anni 80, con grande successo, sia all’interno di varie collane a fumetti che in diversi videogames per pc e consolle. Purtroppo, in entrambi i casi, gli aspetti grafici e ludici delle due proposte avevano depresso non poco gli antefatti dell’incontro clou, cioè i motivi che potevano portare allo scontro tra due creature extraterrestri così diverse. Un aspetto che invece, per altri versi, è stato alla base, come spiegherò più avanti, del lavoro di Paul W.S. Anderson, il quale si è anche incaricato di ricucire, con attenzione chirurgica e filologica, tutti i nessi possibili tra le precedenti pellicole su Alien (Alien di Ridley Scott, Aliens – Scontro finale, 1986 di James Cameron, Alien 3, 1992 di David Fincher, Alien – La clonazione, 1997 di Jean-Pierre Jeunet), su Predator (Predator, 1986 di John McTiernan, Predator 2, 1990 di Stephen Hopkins e il capitolo (finale?) proposto da Alien Vs. Predator. L’anello di congiunzione che collega il film di Anderson a quelli che lo precedono è il personaggio chiave di Charles Bishop Weyland (interpretato da Lance Henriksen), che in Alien Vs. Predator è il miliardario che finanzia la spedizione in Antartide. Tale personaggio ha un nesso diretto sia con la Weyland-Yutani Corporation (che nel primo Alien incarica l’astronave Nostromo di trovare e recuperare l’alieno), che con l’androide Bishop di Aliens – Scontro finale, costruito a immagine e somiglianza del modello in carne e ossa. Questo e altri collegamenti logici hanno convinto la 20th Century Fox ad accettare l’idea proposta da Anderson, invece che tante altre sceneggiature solamente fantasiose per un sequel così anomalo e impegnativo.

Fantamitologia
Il risultato di tale saldatura rende solida e soprattutto credibile la struttura portante di Alien Vs. Predator, evitando fuorvianti forzature nel tragitto mnemonico degli spettatori se non per il legittimo tramite di nuove iniezioni di immaginaria mitologia. Una fantamitologia legata principalmente alla storia dei Predator, i quali sarebbero scesi sulla Terra al tempo dei Maya e degli Aztechi sconvolgendone radicalmente la cultura, con un’influenza che avrebbe pervaso anche gli antichi popoli egiziani e cambogiani portando alla costruzione delle piramidi e a una in particolare, ancora immersa nei ghiacci dell’Antartide, dove una Regina Alien tenuta in vita poteva e può ancora garantire ai cacciatori Predator delle uova per scatenare “esemplari da addestramento”. Cosa del tutto ignota all’esploratrice Alexa Woods (Sanaa Lathan), al professor Sebastian De Rosa (Raoul Bova) e al miliardario Charles Bishop Weyland, che visitando assieme al loro gruppo la piramide racchiusa nei ghiacci diverranno a loro insaputa delle potenziali vittime sacrificali.

Personaggi e interpreti
Anderson muove la schiera dei personaggi di Alien Vs. Predator stringendoli con l’mdp, visivamente oltre che psicologicamente, in un’ineluttabile trappola mortale. I sogni di gloria e di ricchezza per la scoperta archeologica della piramide antartica si svuotano di significato di fronte allo strapotere di Alien e Predator, per i quali gli esseri umani non sono che comparse accidentali sul palcoscenico galattico della vita. L’unica persona a rendersi conto di tutto questo è Alexa Woods, alter ego del personaggio di Ripley sostenuto nei precedenti titoli di Alien dalla inarrivabile virago Sigourney Weaver. Alexa e Ripley si assomigliano molto: entrambe trarranno forza dalle loro iniziali debolezze. Ma mentre Ripley reagiva all’Alien soprattutto esaltando il proprio istinto di sopravvivenza, Alexa compie un salto di qualità interagendo con un Predator, Scar, intuendone l’intelligenza anche se ammantata di crudeltà. La loro interazione nel combattere gli Alien è la chiave di volta di tutti i film precedenti. Un “incontro ravvicinato del terzo tipo” assolutamente rivoluzionario, in quanto il linguaggio della violenza diviene l’unico tramite possibile per arrivare non certo a un dialogo tra specie diverse ma a un reciproco rispetto e a una sorta di tregua momentanea. Alexa, insomma, realizza ciò che Ripley non avrebbe mai potuto permettersi di attuare avendo di fronte solo l’ottusa ferocia degli Alien. In tal senso, Sanaa Lathan dapprima incarna la recitazione tutta di nervi impostata in passato dalla Weaver, ma poi se ne distacca unendo alla forza d’animo il coraggio ragionato dell’essere umano che dopo l’obiettivo della sopravvivenza punta subito a un minimo di socialità per progredire nella conoscenza dell’altro e di sé. Gli altri interpreti principali, il nostro Raoul Bova e il veterano Lance Henriksen, presentano sfaccettature diverse nel loro modo di recitare. Nel senso che Bova è sempre se stesso, col suo tipico stile da bravo ragazzo che non cerca di strafare né nella vita né sul set, ma a cui manca quel briciolo di professionalità in più che lo farebbe decollare verso lidi più gratificanti. Henriksen, invece, anche in forza del carisma che gli deriva dalle precedenti partecipazioni alla saga di Alien, imposta il suo personaggio in modo accademicamente corretto, ma freddo, senza i guizzi che ci potremmo aspettare da un valido professionista come lui.

Regina Alien e Predator
Passando dagli attori che si vedono a quelli che non si vedono, arriviamo ai più celebri e acclamati protagonisti del film: Alien e Predator, appunto. Quest’ultimo, nelle vesti di Scar, in alcune scene cela le sembianze dell’ex giocatore di pallacanestro Ian Whyte, alto più di 2 metri! Questo perché Scar, leader del gruppo dei Pivot, ehm… dei Predator, interagendo con Alexa doveva avere non solo più visibilità (marcata da una corazza elettronica più particolareggiata), ma anche una maggiore mobilità per riuscire a comunicare con l’esploratrice senza parlare. Il tutto nella filosofia di Anderson che, attento all’accresciuta sensibilità visiva degli spettatori, tende a miscelare scene recitate ed effetti speciali solo al momento in cui servono, per non offrire delle sequenze distoniche. Stessa filosofia applicata alla Regina Alien e alla sua progenie. Per la Regina, infatti, Anderson il più delle volte ha preferito muoverla tramite modelli azionati con tecnica animatronics, cioè mediante dei meccanismi idraulici comandati da un computer. Mentre per altre scene, che comportavano delle medie o repentine inquadrature, ha fatto indossare un costume di Alien a Tom Woodruff, progettista e realizzatore delle creature assieme ad Alec Gillis. E a ben vedere, sono proprio Woodruff e Gillis ad aver dato maggior impatto visivo ad Alien Vs. Predator. Perché la loro rivisitazione dei modelli di Alien e Predator, originariamente creati da H.R. Giger e Stan Winston, dona alle due creature non solo più aggressività, ma un accentuato carisma che non mancherà di attrarre gli spettatori per una sfida che forse è solo al suo inizio. Guardare il finale per credere…

Per approfondire
Il volume di Alec Gillis e Tom Woodruff intitolato AVP: Alien Vs. Predator – The Creature Effects of ADI, edito da Titan Books, con il backstage, corredato da foto, del lavoro di progettazione e realizzazione di Alien e Predator, è acquistabile in rete a 19.95 dollari.

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