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L’elogio dell’innocenza

L’elogio dell’innocenza

La Londra del secondo dopoguerra è una città grigia, fredda e laboriosa, ancora fortemente segnata dai contrasti sociali e dal mercato nero. E’ abitata da cittadini che portano ben impresse nella mente le devastazioni subite durante il duro conflitto, animata però da un’inflessibile cultura del lavoro, del rimboccarsi le maniche, dell’arrangiarsi, della solidarietà.
I tempi cambiano e i costumi, le opinioni della gente pure. A restare sempre uguali negli anni ci sono i drammi delle persone, i loro sentimenti, la loro solitudine e la complessità delle scelte e delle condizioni umane.
Mike Leigh ci propone un film per nulla militante, centrato sul dramma personale e le difficoltà di confronto e di comprensione degli altri. La polemica sulla morale, sui diritti civili sulla distinzione privata e pubblica tra reato e peccato fanno da cornice e restano solo sullo sfondo.

Si parla di Aborto. “Interruzione volontaria di gravidanza”, con le asettiche parole di oggi, o “aiuto alle ragazze in difficoltà” con la delicata espressione utilizzata dalla protagonista.
Vera Drake aiuta chi ha bisogno di aiuto e tra questi, da 20 anni, aiuta anche chi un figlio non lo vuole o non può averlo. Lo fa senza chiedere denaro, con ingenuità e semplicità, violando il codice penale e rischiando per questo di finire in carcere. Eccolo il suo segreto.
Sono tutti protagonisti nel film, ognuno con la propria storia e, verosimilmente, il proprio segreto nascosto. Perché è impossibile capire una storia, un comportamento, una scelta senza partire dalla persona, dai volti dei protagonisti, dando carne, ossa e anima a un nome, un concetto.
Ciò che emerge è l’incomunicabilità, la tragica condizione umana della solitudine, che si può lenire ma non sconfiggere. L’amore, la disponibilità verso il prossimo, la capacità di ascoltare e di immedesimarsi sono un antidoto, ma i nostri sentimenti più remoti restano un onere personale, insieme a tutto quello che non si può o sarebbe inutile dire.
Le più sole appaiono le donne, soggetto debole ma coraggioso di violenza e prevaricazioni, con un patrimonio di energia e determinazione che emerge inaspettato. Alcune si arrangiano e forti della propria posizione sociale o della propria astuzia si trincerano dietro ad una necessaria emancipazione, ma comunque ignorate, se non mal tollerate dall’uomo quasi sempre assente o interessato ad altro.
Tra queste le clienti di Vera Drake sono gli esempi viventi della drammaticità e sofferenza solitaria che antecede certe decisioni, necessariamente personali, cui una società può dare precetti ma non risposte.

Le contraddizioni sociali e le discriminazioni di classe emergono qui come in altri contesti: le nobili, borghesi e abbienti ragazze abortiscono in centri medici di avanguardia, discreti e puliti e non in casa. Ad occuparsi di loro, le suore; tutto il resto è crimine.
Come sono cambiati i tempi, le leggi. Il dibattito mai sopito sulla liceità di questa pratica, oggi accettata e regolamentata in quasi tutta Europa passa anzitutto da qui, dalle donne e dagli uomini, dalla stupenda analisi introspettiva che ha portato Il Segreto di Vera Drake a vincere il Leone d’oro alla 61esima mostra veneziana. Un modo per ricordare un passato non lontano nel tempo, nello spazio e nei protagonisti e spingerci a pensare prima di sindacare.

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