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L’idillio spezzato della natura

L'idillio spezzato della natura

Una tigre trova il suo compagno nel contesto bellissimo della giungla, e presto nascono due bellissimi cuccioli. Ma l’idillio viene presto spezzato dall’ingerenza dell’uomo – da contrapporre come protagonista negativo alla natura. La quale, ben lontana dall’essere “matrigna”, è a sua volta vittima, in molti modi.
Nel film francese di Jean-Jacques Annaud, l’indole più che il destino guida la vita: i primi passi nel mondo dei tigrotti rivelano un’enorme differenza “psicologica” che determina, nel bene e nel male, il loro rapporto con gli uomini. In entrambi i casi gli essere umani sanno cogliere e utilizzare il carattere degli animali a proprio vantaggio. Dopotutto, le tigri non sono sempre colpevoli di qualcosa? Anche quando, come nel caso più malinconico, la tigre sia pacifica e “tenera” – quasi a imprestarle qualità umane: che, sebbene lontane dall’essere diffuse, rendono la caratterizzazione dell’animale superficiale e di maniera.

Questo è forse il limite maggiore del film, un’antropocentrizzazione sentimentale esasperata e la mancanza di un tono da favola (infatti, in questo caso l’antropocentrizzazione avrebbe un senso: nella favola gli animali sono rappresentanti metaforici dell’uomo).
Stando così le cose, invece di convincere, le tigri sono eroi “buoni”, solo a tratti capaci di apparire “reali” (ad esempio, quando uno dei tigrotti uccide un piccolo cane in cerca di guai). Il personaggio cattivo è l’uomo, con responsabilità distribuite equamente tra europei e nobili del posto.
Nel rapporto con la tigre, però, emerge la parte più intima dell’essere umano, e addirittura si può parlare di un percorso di formazione da parte sua. E cioè: a fronte della natura pura e nobile del grande felino, l’uomo è cattivo ma può migliorare, ed infatti questo è quanto succede al protagonista umano, un cacciatore bianco francese dalla personalità complessa.

Nella scena più spettacolare del film, le tigri danno una lezione di umanità ai loro aguzzini. Senza che per questo perdano l’occasione di punire il cattivo di turno, e diano così una morale ad una storia senza sugo: le tigri, cioè la natura, alla fine si possono ribellare. Le tigri in cattività possono arrivare a farsi uccidere senza reagire, come fa talvolta la natura. Gli uomini in questo modo, a causa di una situazione innaturale, dimenticano quale sia il loro vero posto nel Creato. Ma, dimenticandolo, alla fine diventano vittime a propria volta. E, del resto, non si tratta solo di un conflitto con la natura, ma di uno più ampio con se stessi. Infatti, come è chiaro nel film, gli uomini prima di offendere la natura esterna offendono la propria, lasciandosi guidare dall’ambizione, o dai fantasmi del passato.

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