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Kebab made in Germania

Kebab made in Germania

Germania, giorni nostri. Cahit e Sibel sono accomunati da una vita infelice, da un tentativo di suicidio e dalle loro origini turche. Cahit è un poco di buono che sopravvive di espedienti in una casa sudicia, Sibel è una giovane ragazza bramosa di vivere come le sue coetanee occidentali, ma imprigionata nelle rigide tradizioni della famiglia. Un matrimonio combinato come scappatoia le fornirà l’opportunità di slegarsi dai vincoli familiari e l’illusione di vedere aperte le sbarre della sua gabbia dorata. L’amore, quello vero, non tarderà a interrompere il gioco di coperture inscenato dai due giovani, ma la storia, che parte come una commedia, si rivela una tragedia e rispetta nella sua narrazione le regole del genere. Amore e morte, eros e tanathos, sangue e lacrime, saranno gli elementi che caratterizzeranno l’amore viscerale e scarificante di due individui ai evidentemente ai margini, margini di una società (quella tedesca, di cui ben poco traspare), margini della famiglia e, evidentemente, della vita (numerosi sono i tentativi di “farla finita”).

Un film ruvido, tagliente come il collo spezzato di una bottiglia di birra, a tratti lisergico, capace però di rielaborare sapientemente, ma anche in modo un pò furbo, elementi che piacciono molto nei festival internazionali. La figura dell’immigrato, il suo microcosmo quotidiano capace di estraniarsi dalla società che lo ospita, l’emancipazione femminile, il rifiuto di abbandonare le tradizioni ataviche delle proprie origini, sono temi ricorrenti nei film che partecipano ai concorsi festivalieri in mezzo mondo, ma a volte si rivelano maggiormente incisivi proprio per l’urgenza che spinge gli autori ad esprimersi, ache attraverso una secchezza brutale. Piace pensare che la giuria del festival di Berlino abbia voluto premiare questa necessità di Fatih Akin, piuttosto che continuare a questionare sulla carenza di film di qualità (Berlino spesso è in grado di far impallidire i Venezia e Cannes), ma il dubbio rimane.

Curiosità
La storia è stata ispirata a Fatih Akin da un fatto realmente accaduto allo stesso regista. Una ragazza di origine turca con cui il regista aveva una relazione gli propose un matrimonio analogo a quello proposto da Sibel a Cahit, per fuggire dalla propria famiglia, ma, a dimostrazione che la vita non è un film, Akin non accettò.

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