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cultura dell'immagine e della parola

Forse non proprio tutti fanno così

Forse non proprio tutti fanno così

Così fan tutti è la storia di quattro artisti contemporanei con esperienze e vissuti diversi. Quattro destini inevitabilmente incrociati che danno vita a un film dal ritmo fluido e vivace. Nella prima scena la regista ci fa incontrare Lolita (Marilou Berry) seduta in un taxi, “immersa” nella musica lirica, il suo mondo, unica costante e fonte di “bellezza” nella sua vita.
Lolita è l’incarnazione vivente della donna per il Botero: viso paffuto, seno generoso, fianchi rotondi e lunghi capelli nocciola raccolti sulla testa. Come la donna di Botero è però fuori moda. Troppo diversa dai canoni imposti dall’estetica della società contemporanea. Troppo poco esile per come la vorrebbero televisione e pubblicità, e per questo costretta a condurre un’esistenza tormentata e infelice, rassegnata e remissiva.
Una telefonata fa da ponte verso altri due personaggi. Etienne (Jean-Pierre Bacri) è un affermato scrittore, un uomo autoritario e potente. È un padre acerbo, incapace di ascoltare la figlia (Lolita), di riconoscere il suo “dono”, perché troppo preso da sé e dal proprio ego. Karine (Virginie Desarnauts) è la matrigna di Lolita e quasi coetanea della figliastra. È completamente invasata dai contenuti mediali, dai loro standard e modelli, ossessionata dalla linea e incapace di scrollarsi di dosso l’etichetta di “bella ma stupida”.
Rapidamente veniamo catapultati per strada, in mezzo a una coda fuori da un locale. La prima a presentarsi è Sylvia (Agnès Jaoui), l’insegnante di canto di Lolita. Sconfitta nella realizzazione del proprio sogno, accetta di aiutare un gruppo di cantanti a organizzare un concerto. Suo marito Pierre (Laurant Greville) è un “rampante” scrittore in erba, esponente della nuova generazione di autori, avido di fama e denaro e incapace di aspettare e accettare il lento corso degli eventi. Infine Sébastien (Keine Bouniza), la perla rara del gruppo, è l’unico a possedere dei valori e un’integrità morale non riscontrabile negli altri protagonisti della storia.
Ecco questi sei personaggi muovere le fila del racconto, intrecciare le situazioni e gli avvenimenti che animano questo film.

Comme une image è prima di tutto un racconto sulle persone, sulla vita delle persone e in modo particolare sugli stereotipi che definiscono la figura dell’artista: un individuo profondamente solo, spesso frustrato e perennemente insoddisfatto di sé e del proprio operato.
Che la regista privilegi la narrazione di storie di persone è evidente nella scelta stilistica di usufruire abbondantemente di primi piani e di piani americani, che permettono allo spettatore di leggere direttamente i volti dei protagonisti e di ascoltare dalla loro voce ciò che accade sulla scena. Poche sono le riprese in esterni e le panoramiche sugli ambienti, come se l’intento della Jaoui fosse quello di strappare il personaggio dall’ambiente esterno, possibile elemento di disturbo.
Così fan tutti è però anche un film sul potere e sui giochi di potere che si innescano nei più svariati tessuti sociali, come nella vita privata. È una critica alla sottomissione e all’accettazione, da parte di quasi tutti gli uomini che mirano a rivestire posizioni di potere, a scendere a compromessi per il raggiungimento del proprio interesse personale. La regista lascia però aperta anche la speranza di vedere confutata la regola. Così il personaggio di Sebastìen, a differenza degli altri attanti, si rivela completamente libero da vincoli e sopra le parti. Lolita sfrutta la popolarità del padre per conoscere le persone, per farsi degli amici. Sylvia, che potrebbe sembrare il personaggio positivo, accetta di portare a termine l’impegno preso con la giovane solo per agevolare il marito nella scalata al successo. Pierre è disposto addirittura a stravolgere le proprie abitudini alimentari pur di compiacere Etienne, il suo “ padrone”, e a “mercificarsi” per la televisione pur di accelerare il passo verso le luci della ribalta.
Agnès Jaoui con questo film critica fortemente la realtà televisiva, il primo e il più potente “server” di false verità. La televisione fa fuoriuscire il peggio di chi accede agli studios e si trova ad essere al centro del mirino delle telecamere.
Il film rappresenta la purezza e la bellezza dell’arte in generale, della musica, della scrittura fine a se stessa. Quanto è bella Lolita nel suo momento da solista all’interno del coro, quanta armonia, serenità, coralità si evince dai volti di coloro che occupano le legnose panche della chiesa. Solo la musica riesce a unire i singoli, placare gli animi e nascondere i difetti e le imperfezioni dei personaggi.
Lo stile vivace e la messa in scena quasi da “work in progress”, che come in teatro lascia spazio alla spontaneità della recitazione, rende ancora più evidente l’intento della regista di restituire il realismo dei fatti narrati, ottenendo così una commedia brillante.

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