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Viva la sincerità

Viva la sincerità

Ad essere sinceri il film firmato dalla Littizzetto e da Ferrario ha un inconveniente legittimo in un film di genere, ma che pure legittima lo spettatore a non sentirsi particolarmente soddisfatto alla fine della visione: la prevedibilità. I due fili della commedia e del giallo si alternano in dosi equilibrate, evitando che ciascuna delle due trame si logori troppo facilmente, ma lasciano intravedere troppo in fretta (e facilmente) quali sono i nodi principali del film: il tradimento di Adelaide nel percorso comico, il colpevole nella trama poliziesca. La Littizzetto si mostra più abile nella scrittura delle singole battute che non nel gestire complessivamente la sceneggiatura; sono infatti i singoli dialoghi a costituire il vero motore comico del film (come «No, non sei proprio bella, sì, puoi piacere, diciamo che sei un prodotto di nicchia»). La Littizzetto è stata comunque scaltra nella delineazione della figura di Adelaide: ha ripreso lo stereotipo del peperino che ormai la contraddistingue, ma lo ha spersonalizzato dai personaggi a cui ha dato corpo nella sua attività di cabararettista, riuscendo a costruire una figura credibile e, soprattutto, funzionale alla trama del film.

La mano di Ferrario si lascia comunque intravedere; pur trattandosi di un film di genere, alcune scelte visive sono piuttosto marcate: l’uso dello speed all’inizio del film, così come il montaggio particolarmente serrato in alcuni punti. Ferrario dimostra ancora una volta di amare e di saper trarre significato dai materiali d’archivio: particolari in questo film sono i video musicali di François Jardi, che sono una sorta di commento sonoro alla vicenda narrata e che propongono un modello femminile totalmente opposto ad Adelaide. Senza permettermi di contestare la scelta di mettere in scena un film di genere, che comunque Ferrario ha dimostrato di saper fare abilmente, non nascondo però di aspettare un altro piccolo, grande film come Dopo Mezzanotte. Sono stata sincera.

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