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Un eroe d’altri tempi

Un eroe d'altri tempi

Avvertenza per l’uso
Per qusto film Quentin Tarantino non ha fatto altro che sborsare dollari per una cifra a cinque zeri solo, e sottolineo solo, per vedere il proprio nome sulla locandina di questo film. Non lo ha ideato, non lo ha girato, non lo ha prodotto, non lo ha distribuito. Se il suo nome si rivelasse utile per attirare pubblico in sala, allora solo per questo motivo la sua scelta sarebbe stata una buona cosa.

Note a margine
A volte ci si chiede come funzioni le logiche che dettano i meccanismi della distribuzione. Questi dispenser di sogni collettivi alla modica cifra di 5/7 euro, a volte ci propinano veri e propri incubi che lasciano l’amaro in bocca, ci fanno uscire dal buio della sala con la sensazione di essere stati truffati e col timore di cosa potrebbero proporre se fossero realmente quelli i film che meritano di essere proiettati nelle sale.
Altre volte, delle meraviglie per gli occhi (come è il caso di Hero) giacciono dimenticate per motivi sconosciuti, nell’angolo di una memoria polverosa, pronti per essere sostituiti nella memoria delle vaghe informazioni che un appassionato riesce a racimolare, dal prossimo blockbuster previsto dalla programmazione annuale. Eppure Hero è stato candidato all’Oscar come miglior film straniero nel 2002, è stato un successo non solo in Cina, ma anche negli Usa, storicamente riottosi nel decretare il successo di un film non girato sotto l’egida delle stelle e strisce. Forse ci voleva davvero Tarantino.

La storia
Poco da dire: un re conquistatore è minacciato da tre terribili killer specializzati nelle arti marziali, il suo sogno di fondere i sette regni in cui la Cina era frazionata oltre duemila anni orsono. Un misterioso eroe senza nome farà piazza pulita dei tre malvagi e reclamerà davanti al re il proprio premio. Le avventure che l’eroe senza nome ha compiuto per portare a termine il suo lavoro sono raccontare mediante l’uso del flashback, tecnica comune in questo particolare genere (vedi i lunghi salti temporali de La tigre e il dragone). Hero non pretende di essere una rigorosa ricostruzione storica, ne chiede allo spettatore di credere a ciò che vede, si parla di eroi straordianri dalle personalità fortissime, tanto da affrontare da soli interi eserciti. Proprio alle sterminate schiere di soldati viene attribuita una funzione quasi analoga a quella del coro greco, un contorno alle vicende degli eroi, una comparsata assolutamente inutile ai fini della storia/Storia, una necessità da parte dell’allestimento scenico. Il film è costruito infatti su questo assioma, spingendo l’impatto estetico delle scenografie in modo estremo. Ogni sequenza è caratterizzata da una dominante cromatica evidente (straordinario il duello tra i drappi di tessuto verde), colori a cui sarebbe necessario attribuire uno specifico significato simbolico senza cadere nel tranello di utilizzare i codici occidentali. Così accade che il bianco, simbolo di nascita e purezza per la nostra cultura, sia per gli orientali un colore di morte.
Magia, tradizione, arti marziali, epica, zen, sogno e realtà sono gli ingredienti di Hero un film decisamente da “vedere”.

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