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Il senso del non sense

Il senso del non sense

Fottuto non sense è la storia di Filippo.
Il non sense è la vita di Filippo: tardo adolescente in crisi, aspirante suicida con esiti disastrosi, quindi rapinatore di prostitute, pirata della strada, taccheggiatore, lucido psicopatico.
Il suo racconto in prima persona ha l’incedere dello zapping, è una sequenza di immersioni in uno spaccato surreale di esistenza milanese. L’impressione alla lettura è quella di partecipare ad un montaggio franto e discontinuo delle paranoie di un personaggio che cerca inutilmente una propria dimensione esistenziale all’interno di una comunità umana di cui non riesce mai a sentirsi parte.
La scrittura vagamente ossessiva e le situazioni descritte potrebbero avvicinare questo romanzo al genere noir, ma la forte coloritura autoironica e l’avversione ad ogni forma di ipocrisia sventolata come un vessillo dal protagonista rendono il panorama tematico molto più ampio di quello delineato dalla “semplice” lotta dell’individuo contro la società.
L’io narrante, mosso da una sorta di bulimia emotiva, oscilla tra i due estremi: da una parte una pulsione iconoclasta e dissacratoria rispetto ai luoghi comuni del vivere collettivo e della contemporaneità, dall’altra il desiderio di annullamento e di autodistruzione come supremo sacrificio di sé sull’altare della proprio inadeguatezza, forse come desiderio inconscio di cancellarsi così da poter cancellare anche i propri limiti.
Il pregio fondamentale di questo romanzo, rimane comunque quello di non trasformarsi mai in una sorta di trattato di sociologia in negativo: in Fottuto non sense il ritmo è dato dall’azione, dal prevalere della pratica sulla teoria. A sostenere l’impianto del testo troviamo sempre e comunque la solida vocazione narrativa di Leonardo La Marca, autore esordiente ma già padrone del proprio stile, che trascina il lettore, vezzeggiandolo per poi scandalizzarlo, secondo un’estetica dello straniamento che riesce a non diventare mai fine a se stessa.
Probabilmente il protagonista si offenderebbe sentendolo dire, ma nella sua maleducazione liberatoria c’è anche un fondo di pedagogia. Il rifiuto delle regole sociali, come gesto estremo, sembra infatti presupporre una loro attenta analisi e comprensione.

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