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Finestre su un mondo che brucia

Finestre su un mondo che brucia

Leggere romanzo sull’11\9 è difficile quasi quanto scriverlo.
Viene istintiva una certa diffidenza. Viene istintivo rinunciare a sfogliarlo, per emotività, rifiutando la rievocazione di immagini che ci avevano turbato, o adducendo pretesti razionali, come il timore di un’operazione commerciale di pessimo gusto. E’ difficile mantenersi indifferenti, o superpartes. Ora, a tre anni dall’accaduto, si è vittime di una sorta di rigetto, probabilmente causato dal bombardamento mediatico senza tregua cui siamo stati sottoposti nei mesi successivi ai fatti. In più, forse la ferita brucia ancora e non ci sentiamo abbastanza lucidi da poter venire a contatto coi nostri fantasmi, che la narrativa risveglierebbe.

Frédéric Beigbeder, invece, gioca d’anticipo. Vuole prenderci per mano e aiutarci ad affrontare le nostre paure finché sono ancora presenti. Non ci lascia soli a contatto con la voce di Cartew, un agente immobiliare rimasto imprigionato coi suoi bambini nel ristorante in cima alla Torre Nord (Il “Windows on the World”, appunto): per stemperare l’emozione, a ogni capitolo narrativo ne affianca uno riflessivo, in cui lui, autore-narratore, dall’alto della Tour de Montparnasse di Parigi, a posteriori, si occupa delle questioni universali sollevate dall’attacco. E lo fa come solo un francese potrebbe: in maniera dialettica, con distacco ma non senza cuore, aprendo mille finestre per mostrare ogni angolazione da cui possono essere visti il gli attentati, la guerra, il fanatismo, senza fornire facili soluzioni. La varietà dei registri usati è stupefacente: l’effetto straniante del doppio narratore rende possibili molte parti comiche, alcune ciniche, altre quasi surreali, altre di una semplicità disarmante, affiancate a una tragedia individuale e corale. (emblematica quest’amara riflessione di Cartew: «Ho avuto una cattiva idea che parte da un buon sentimento: ho allungato ai ragazzi la spilla che Lourdes mi aveva consegnato dicendoci addio. Il guaio è che ne possedeva una sola. Jerry e David hanno cominciato ad azzuffarsi per il suo possesso. Avevo capito cosa non andava sulla terra. Non ci sono abbastanza spille per tutti»)
Con questo espediente, pagina dopo pagina, non ci ritroviamo davanti a un crescendo di orrore, ma a una catarsi.

Forse non siamo pronti per immergerci nella lettura di questo romanzo, per ridere e sorridere su queste morti e sulle due ore che le hanno precedute. Ma quando finalmente sarà arrivato il momento giusto, sentiremo l’impulso di ringraziare l’autore.

Frédéric Beigbeder è direttore editoriale e critico letterario per alcuni programmi televisivi e riviste. E’ stato licenziato dalla nota agenzia pubblicitaria per cui lavorava dopo l’uscita di Lire 26.900 (In Italia edito da Feltrinelli), libro che ha provocato scalpore e ottenuto un successo mondiale. Ha pubblicato tre romanzi e una raccolta di racconti.

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